Ah se il nostro genio fosse un poco di più un genio!

Last Updated on 17 Novembre 2004 by CB

Certi studiosi, per quanto eruditi possano essere, hanno come movente primario del loro lavoro l’intenzione di trasmettere una passione. Harold Bloom è tra questi. Per convincerci che dobbiamo apprezzare cento scrittori geniali, qui disposti come tessere di un mosaico, si mette nella posizione di un (erudito) lettore. Il genio, è colui che sa attivare la parte migliore e più antica di noi. Leggerlo dà piacere e accresce la nostra consapevolezza.Il saggio, uscito due anni fa per Rizzoli e ora riproposto in versione economica, è un mosaico di menti creative esemplari – per essere più esatti, di geni del linguaggio (comprende Socrate, Maometto e san Paolo). Scelti in modo arbitrario e idiosincratico, sono suddivisi in dieci gruppi secondo le più comuni sefirot, che sono le allegorie o metafore della Cabala. Quasi un gioco di società, invece è il lavoro di un critico letterario provocatorio ma rigoroso.

La sua collezione di menti creative è sostenuta da una semplice idea di fondo. Siccome lo studio della mediocrità, qualunque sia la sua origine, genera mediocrità, meglio apprezzare gli scrittori geniali. A cominciare da Shakespeare, genio supremo e sorta di divinità secolare , noi possiamo vedere ciò che altrimenti non potremmo vedere, perché ci rende diversi. I geni scelti da Bloom sono tutti morti. Il genio morto è più vivo di quanto lo siamo noi, proprio come Falstaff e Amleto sono decisamente più vivaci di molte persone che conosco. Bloom non si chiede perché i geni sono geni. Piuttosto si sofferma sulla loro personalità e sulle loro opere più importanti. E sul modo in cui lo scrittore è influenzato dalla sua stessa opera, che è dentro di lui, così come l’idea religiosa è dentro il leader carismatico.

Con un’ideale messa a fuoco su ogni autore, Bloom cerca di descriverne l’aspetto di eccellenza, di renderne una parte che contenga il nucleo della loro originalità. E proprio per la qualità inevitabilmente sintetica degli scritti, si trovano giudizi fulminanti e sorprendenti, ma talvolta anche criticabili. Dà un’impressione troppo semplificata e quasi scolastica leggere di certi autori due paginette scarse (è il caso della povera Charlotte Bronte, la sorella Emily autrice di Cime tempestose ha più fortuna), nelle quali si parla perlopiù della loro opera più famosa.

Se la messa a fuoco funziona fin troppo con uno scrittore come Francis Scott Fitzgerald, quando Bloom ne individua il lavoro più intenso nel Grande Gatsby – parodia della molto americana fiducia in se stessi e shakesperiano nel personaggio del narratore Carraway/Orazio (da autentico ‘innamorato’ di Shakespeare, Bloom lo vede un po’ dappertutto) – diventa più problematico riassumere in poche pagine, peraltro corredate di lunghe citazioni, i modi complessi di Proust o Kafka, di Dostoevsky o Tolstoj.

Un’altra perplessità nasce dall’accostamento di autori indiscutibilmente geniali con altri che forse a noi sembrano ‘solo’ dotati di molto talento. E’ il caso di Edith Wharton, Iris Murdoch, Dante Gabriel e Christina Rossetti… E c’è un grande escluso, Robert Musil e il suo Uomo senza qualità. Gli italiani inclusi sono Dante, Calvino, Montale, Pirandello.

Come accade per i mosaici, l’insieme è più efficace del dettaglio. E la passione di questo Lettore instancabile (e insonne) resta una testimonianza piena di stimoli e felici intuizioni.
(Cristina Bolzani)

Biografia
Harold Bloom (New York 1930), celebre e influente critico letterario americano, insegna a Yale e alla New York University ed è autore di oltre venti libri, tradotti in tutto il mondo. Tra quelli pubblicati in Italia ricordiamo Il canone occidentale (Bompiani 1996), il bestseller Come si legge un libro (e perché) (Rizzoli 2000, ora in BUR), Shakespeare. L’invenzione dell’uomo (Rizzoli 2001, ora in BUR), La saggezza dei libri (Rizzoli 2004).

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Harold Bloom

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