Last Updated on 23 Agosto 2013 by CB
Va detto che Tatum era il dio del pianoforte jazz, quello tecnicamente più dotato di tutti. Arturo Benedetti Michelangeli e Vladimir Horowitz, due fra i più grandi virtuosi del piano classico del Novecento, andavano ad assistere ai suoi concerti e ne rimanevano impressionati. Aveva una tecnica spaventosa e suonava una musica jazz legata in maniera sotterranea alla storia del pianoforte: nel suo jazz sentivi il ragtime, il quale a sua volta rimandava al pianoforte da salotto ottocentesco, Chopin e Liszt, il pianoforte virtuoso. Art Tatum metteva d’accordo tutti e paradossalmente oggi, proprio per la sua bravura evidente, rischia di passare inosservato in certi suoi dettagli: perché su trentadue battute di virtuosisimi impervi, c’è “nascosta”
una piccola battuta con una modulazione armonica molto moderna, assolutamente lontana dal jazz anni Quaranta. Quanto fosse sorprendente in quegli attimi lo si può vedere solo trascrivendo le sue improvvisazioni: anch’io da bambino l’ho fatto, usando un apparecchio Akai che rallentava la velocità della registrazione senza modificare l’altezza delle note. In quel modo coglievo tutti i particolari. (da S. Bollani, Parliamo di musica)