Last Updated on 29 Luglio 2009 by CB
La prima cosa da dire è che è scritto benissimo e tradotto molto bene da Maria Laura Vanorio in questa nuova edizione di Longanesi.
Bonjour tristesse è un romanzo leggero, nel senso più francese e esistenzialista e ‘calviniano’ del termine, e ha un’eleganza laconica da far impallidire i minimalisti americani.
Opera prima della ragazza-bene Françoise Quoirez (che poi scelse lo pseudonimo di Sagan in onore alla principessa Sagan della Recherche) , uscito nel 1954, è il racconto in prima persona di un’adolescente, Cécile: una diciassettenne viziata e capricciosa, rapace come solo l’adolescenza, ma anche già molto riflessiva, che si trova in un momento centrale della sua formazione: il primo amore, gelosia e possesso, noia e desiderio.
Tutto accade durante una vacanza in Costa Azzurra. Cécile e il padre vedovo, Raymond, uniti da una complicità inattaccabile; e la terza persona, a intorbidare l’armonia dei due, che all’inizio è la svampita Elsa. Ma poi in villa arriva Anne, quarantenne assertiva e in carriera, innamorata di Raymond; e lui, si direbbe, di lei.
Quella presenza femminile insolitamente forte accanto al padre suscita la gelosia in Cécile e alimenta i suoi foschi piani. Per separare i due. Nella tresca che imbastisce con Elsa, interviene il giovane Cyril, che per Cécile, apprendista di liasons dangereuses, è soprattutto strumento: le fa scoprire il sesso, ma soprattutto si presta alla sua macchinazione per allontanare la possibile ‘matrigna’ Anne dall’amato padre avventuriero.
Ha ragione, Valeria Parrella. Leggere Bonjour tristesse prima da adolescenti e poi da adulti – scrive nell’introduzione – è come attraversare due volte lo stesso fiume. Alla prima lettura la fascinazione è tutta verso Cécile. Rileggendolo da grandi ci si sente molto più vicini a Anne. Quello che racconta così bene è l’adolescenza irruenta che si scontra con una nuova consapevolezza; che le proprie azioni hanno conseguenze sugli altri.
La mutevolezza di Cécile, distillata in 150 pagine di scarna cronaca di fatti e pensieri, è emblematica: si trova di fronte al bivio tra responsabilità e incoscienza. Qui sta il fascino di questo breve romanzo di formazione: Cécile è aldilà del bene e del male ma si trova sulla linea di confine tra le ragioni irragionevoli dell’adolescenza e il senso di colpa tipico dell’età adulta. Poi arriva il destino, il caso di un incidente stradale. E la la tristezza di Cécile, sceneggiatrice del dramma, è destinata a a durare a lungo. A chi le chiedeva se era lei Cécile, la Sagan rispondeva: “Quoi que je fasse, l’hèroine c’est moi” (Di ciò che faccio sono l’eroina).
L’incipit:
Non so se dare il bel nome solenne di tristezza al sentimento sconosciuto che mi tormenta con i suoi affanni e con la sua dolcezza. E’ un sentimento così assoluto ed egoistico che quasi me ne vergogno, mentre la tristezza mi è sempre parsa onorevole. Non sapevo cosa fosse, avevo provato solo noia, rimpianto, più raramente rimorso. Oggi qualcosa si avvolge su di me come una seta, irritante e dolce, e mi separa dagli altri.
Toxique, un inedito della Sagan