Last Updated on 28 Agosto 2018 by CB

«Questa operazione porta il nome di messa en abyme e consiste nel mettere all’interno di una rappresentazione un’altra rappresentazione che raddoppia la prima. Brassaï ha chiaramente messo in opera questa tecnica in una fotografia molto famosa, che rappresenta una serie di coppie sedute ai due lati di un tavolo, in un caffè di Montmartre. In questa immagine la situazione che esiste nello spazio ‘reale’ è raddoppiata da un suo riflesso nello spazio virtuale dello specchio situato all’interno del campo fotografico. Mettendo il soggetto della fotografia en abyme, l’immagine riflessa nello specchio mette anche, evidentemente, la rappresentazione fotografica stessa en abyme in quanto rappresentazione interiorizzata del proprio processo di fabbricazione. La messa en abyme mostra che le fotografie stesse sono immagini virtuali che non fanno che rinviare l’immagine del mondo del reale. Siamo così costretti a riconoscere che la ‘virtualità’ dei personaggi riflessi non è né più né meno grande di quella dei personaggi ‘reali’ che vediamo nell’immagine fotografica. Attraverso questo schiacciamento deliberato dei livelli di ‘realtà’, Brassaï istituisce la superficie della fotografia come un campo di rappresentazione capace di rappresentare il proprio procedimento di rappresentazione.
Ma non è solo per marcare le condizioni specifiche del discorso fotografico che Brassaï fa questo, perché la duplicazione della situazione ‘reale’ prodotta dallo specchio registra allo stesso tempo un’altra duplicazione: i quattro personaggi da un lato del tavolo hanno come doppi – per il genere, il gesto e il portamento – i quattro personaggi che stanno loro di fronte. La giustapposizione stabilita dal campo della fotografia e dal suo funzionamento en abyme porta a vedere queste coppie simmetriche come rappresentazioni l’una dell’altra».
(da Rosalind Krauss, Teoria e storia della fotografia, Bruno Mondadori, pag.152)