Last Updated on 15 Luglio 2012 by CB
A un anno dalla sua scomparsa una mostra ricorda questa importante personalità dell’arte contemporanea, tra i padri del Concettuale nordamericano. Oppenheim è stato tra i primi ad utilizzare la performance e la videoarte come modalità di espressione artistica, spaziando tra scultura, Body Art, Land Art e fotografia.
La mostra (a Merano fino al 9 settembre) presenta dieci sculture-installazioni create tra la metà degli anni Ottanta e la fine dei Novanta. Un percorso che evidenzia il suo interesse per i simboli e le macchine. Anche se, curiosamente, i curatori non hanno ritenuto fondamentale fornire energia e attivare meccanismi là dove previsti, col risultato di dare di alcune opere una versione disadorna e comunque incompleta.
E pensare che la mostra si chiama Electric City, che è anche il nome della città dove Oppenheim è nato, nel 1938. Un nome che sembra aver prefigurato un’attività legata all’elettricità dei suoi lavori, sprigionanti forza, energia e movimento. A Merano i suoi bagliori sono stati oscurati, chissà perché.
Lo stato mentale migliore per fare arte è paragonabile a una stanza in penombra, dove non si riesce a vedere ogni cosa nella sua realtà cruda, dove le cose appaiono vaghe. Mi piace iniziare un lavoro con un’ombra che mi attraversa la mente, perché se ogni angolo è illuminato a giorno si può restare paralizzati. (Dennis Oppenheim)
Dennis Oppenheim – Kunst Meran
Untitled (Deer) , 1990
Lightning Bolt Men, 2001
Lamp Dog, 2000
Iron Cactus, 1994
Four spinning dancers, 1989