Last Updated on 28 Novembre 2009 by CB
“C’è un episodio che amiamo molto, come il nome che porta, Emmaus”. Baricco introduce così, per bocca della voce narrante in prima persona plurale, la storia della prima apparizione di Gesù ai discepoli, raccontata nel Vangelo di Luca (24,13). Dice il Vangelo che due discepoli diretti ad Emmaus incontrano sulla strada un uomo e non riconoscendo in lui il Messia, gli raccontano la storia della crocefissione di Gesù. Solo quando a cena l’uomo spezza il pane, vedono finalmente il Messia ma lui sparisce, lasciandoli con una domanda: “Come abbiamo potuto non capire?”.
In questa domanda c’è l’essenza di tutto il libro. Come abbiamo potuto non capire, si chiede uno dei protagonisti.
La storia è quella di un gruppo di amici – l’io narrante senza nome, Bobby, Il Santo, Luca – che dall’intrecciarsi delle loro vite con quelle di altri personaggi e soprattutto della bella Andre, biglietto di sola andata per il mondo vero, cresceranno e cambieranno per sempre. Ma l’intento di scrivere l’ennesimo romanzo di formazione è lontano, non sarebbe da “Baricco”, che qui costruisce una storia universale come universale è l’episodio da cui trae spunto e da cui non si distacca mai. Va detto che Emmaus si trova “a sessanta stadi da Gerusalemme” che nelle Sacre Scritture rappresenta la salvezza. E’ dalla salvezza, non dalla città, che si stanno allontanando i discepoli quando incontrano Gesù perchè dubitano del mistero della Resurrezione (“Noi speravamo che sarebbe stato colui che avrebbe liberato Israele”, Luca, 24,21), tant’è vero che una volta riconosciuto il Messia, vi faranno immediatamente ritorno (“e nel medesimo istante si alzarono e tornarono a Gerusalemme”) per annunciare agli Undici che “il Signore è veramente risorto”. Ma c’è qualcosa di più.
L’innovazione portata dalla figura del Cristo, per chi crede o meno, è, e resta comunque, la ricerca del dialogo. Nel Vangelo di Luca, Gesù chiede ai discepoli: “Di che cosa state parlando”, e poi di fronte al loro stupore (“Sei l’unico pellegrino a non sapere quanto accaduto in questi giorni”): “Che cosa è accaduto?”, come fa spesso nei Vangeli: “chiedi e ti sarà dato”. Chiedi e saprai la verità. Baricco fa invece dire al protagonista che forse nemmeno Gesù all’inizio sembrava sapere di sè e della sua morte, vincolandoci così al punto di vista da cui seguiremo tutta la storia. Quello dell’io narrante che via via diventa “noi”, una prima persona plurale a simboleggiare il “gruppo”. Ma è un punto di osservazione cieco perchè i protagonisti non vedono, non comunicano. Non c’è amicizia, nè amore nelle loro vite perchè non ci sono singoli individui, ma entità allargate: il gruppo, la famiglia, il contesto sociale – la “patria” lo chiama Baricco che ci porta indietro nel tempo, in un’Italia di qualche anno fa, dove i poveri stanno coi poveri, i ricchi coi ricchi, dove chi crede va in Chiesa e canta all’oratorio, mentre altri sono irrimediabilmente dissoluti. Dove tutto – la fede, i soldi, le dinamiche sociali – è “ereditato” e come tale si accetta e si subisce, e mai si vive. Dove alcuni “muoiono ogni tanto” e altri no, “loro hanno destini tragici” che non “ci possiamo permettere”, sono “assassini e assassinati”.
Questo è un libro di silenzi, incomprensioni, errori e penitenza, verità e inganno. E Baricco usa tutti gli strumenti a sua disposizione per coinvolgere il lettore e renderlo partecipe, a partire dalla struttura stessa del racconto, scandita com’è da un’alternanza di voci narranti che avvicina per poi allontanare bruscamente fino a escludere del tutto con quel “noi” , ancora il gruppo, che isola e separa. Ci sono schemi che travolgono schemi, parole che sovrastano parole, immagini forti. C’è una trama funzionale a qualcos’altro e non più solo a se stessa tanto da rendere inutile la quarta di copertina.
Baricco esplora nuovi spazi, abbandona le descrizioni pittoriche alle quali ci aveva abituati e si concentra sui personaggi, cambia linguaggio per avvicinarsi ai giovani e lo fa mantenendo quell’eleganza aristocratica che gli appartiene, scrive di orge e non cade mai nel volgare, descrive omicidi e non è mai violento. Piuttosto, monocorde. Come qui dev’essere. Perchè non ci sono emozioni, e le vite seguono canovacci immaginati ma non reali, traiettorie solo supposte. I sentimenti sono collettivi e risultano freddi: “siamo molto normali, non è previsto un altro piano che essere normali”, “siamo felici o quantomeno crediamo di esserlo”, “siamo dei disadattati”. Ma Baricco, si sa, non può essere a lungo monocorde, per cui arrivano presto parole grosse come macigni: la “passione” che “per tutto il resto del mondo significa desiderio” assume le vesti del martirio, la fede è “feroce, incontrollata, un’urgenza”. E ci sono movimenti inattesi, “chiuse di scatto un cassetto con una forza di cui non c’era bisogno – sono madri che non sprecano niente – ma lei lo fece ed era per dire che non se ne parlava più”. Le immagini pastello di Seta diventano cupe: l’acqua è “nera”, l'”urina scura fino al rosso del sangue”, i corpi “deformi, privi di bellezza”, gli eventi “feritoie da cui scappare”. Poi, ancora silenzio che attutisce suoni, colori, movimenti. Così se Andre si trova davanti a una ringhiera di ferro, il gruppo vede solo “aria da saltare”; se una donna racconta qualcosa di spaventoso e parla di demoni, il gruppo non l’ascolta (“non era cosa per noi”), poi risponde mentendo, “raccontando piccole cose da famiglia normale felice”; l’orgia diventa un segreto e lascia spazio all'”immobilità sorda della colpa”; l’orrore “non è un orrore”.
Quello dei protagonisti è un microcosmo dove tutto è precostituito e dominato da diktat ancestrali, manca la speranza. Qualsiasi deviazione dal “come dovrebbero andare le cose” destabilizza, sconvolge, distrugge. Eppure questo è il libro più appassionato di Baricco e ogni parola vibra e tocca il cuore: c’è lui e ci siamo noi dietro quel titolo in rosso sulla copertina spoglia.
E intanto ad “Emmaus”, “60 stadi” dalla salvezza, qualcuno si perde, qualcuno muore, qualcuno capisce e riprende la strada per Gerusalemme. (mt)
“Emmaus”
di Alessandro Baricco
Feltrinelli
Prezzo € 13, 2009, 139 pp.
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