L’attesa e la speranza

Last Updated on 10 Luglio 2005 by CB

I libri di Eugenio Borgna riescono a raccontare il dolore psichico senza tristezza, ma anzi rendono al meglio l’aspetto umano e per così dire universale della follia, la sorella sfortunata della poesia. Un’immagine, questa di Clemens Brentano, che piace molto allo psichiatra, perché esprime la natura profonda della follia come metamorfosi.

La scrittura scintillante di aggettivi, le incursioni nell’arte, nella letteratura, la narrazione degli incontri avuti all’ospedale psichiatrico di Novara – sempre con persone e non ‘casi’ – nel saggio declinano la categoria della speranza all’interno della mutevole sostanza del tempo (soggettivo) facendone una sorta di ‘punteggiatura’. Che dipende dal nostro stato emotivo. Se «la noia sgorga in noi dal venir meno di eventi e di attese», nella malinconia, più drasticamente, «la dimensione dell futuro è tagliata, amputata, recisa, e il presente è risucchiato dal passato». L’angoscia addirittura si esprime in «una vertiginosa accelerazione e in una enigmatica anticipazione del futuro». L’autore vede una splendida raffigurazione di angoscia disperata nel quadro di Egon Schiele Madre e bambino, e nel dettaglio del bambino biondo con gli occhi azzurri sbarrati. Una metamorfosi dunque, lontana dal pensiero di Agostino, dove le tre dimensioni temporali con-fluiscono in modo armonico l’uno nell’altro, come presente del passato (la memoria), presente del presente (la visione), presente del futuro (l’attesa).

Cos’è la speranza? Potremmo rispondere con una negazione, affermando che il venire meno della speranza (disperazione, angoscia) è all’origine delle psicopatologie e più in generale del ‘male di vivere’. La speranza è una dolorosa, ma necessaria illusione, come dice Leopardi? Una apertura nel tempo (diversamente dalla disperazione che vive il tempo come fosse una prigione)? Speranza come fedeltà ai rcordi che amiamo, ai desideri e ai progetti, e «in ultima analisi all’identità che siamo e che ci piace attribuirci»?

Speranza: passione, senza la quale non è possibile vivere. E in questo saggio, pagine commoventi sono dedicate a chi a un certo punto, fin dall’età giovanile, non ha potuto più coltivarla dentro di sé. Come Cesare Pavese, che nel diario e nelle poesie ci ha lasciato parole di inconsolabile nostalgia della fine.

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi -/questa morte che ci accompagna/dal mattino alla sera, insonne,/sorda, come un vecchio rimorso/o un vizio assurdo. I tuoi occhi/saranno una vana parola,/un grido taciuto, un silenzio./Così li vedi ogni mattina/quando su te sola ti pieghi/nello specchio. O cara speranza,/quel giorno sapremo anche noi/che sei la vita e sei il nulla.
(Cristina Bolzani)

Vedi anche: Parole di Antonia Pozzi – Eugenio Borgna, Le intermittenze del cuore

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