Last Updated on 11 Novembre 2003 by CB
Può un testo di psichiatria, sulla sua valorizzazione aldilà di certi schematismi depersonalizzanti (delle neuroscienze e delle cure farmacologiche), parlare della sofferenza umana attraverso e grazie alla letteratura? Il libro di Borgna ci riesce ed è illuminante sia sul versante psichiatrico che su quello letterario.
Proprio in alcuni classici della letteratura, in primis nell’opera spiccatamente introspettiva di Marcel Proust, si trova una conoscenza preziosissima, l’indagine e la descrizione di quell’universo perlopiù sconosciuto che è la nostra esperienza emotiva. Borgna si augura che gli psichiatri leggano i grandi romanzi, perché vi si trova un patrimonio altrimenti inattingibile, e di sicuro più ricco e vibrante della ‘oggettiva’ freddezza di molti testi accademici.
Se le proustiane ‘intermittenze del cuore’ sono soprassalti nei quali riemerge una vissuto rimasto fino a quel momento nell’ombra, la stessa esperienza epifanica e trasformatrice è vissuta dalle persone depresse e angosciate, afferma l’autore. Davanti alla complessità di un paesaggio interiore in continuo movimento, l’attenzione di Borgna è sempre di tipo interpretativo, ermeneutico. Perché, come dice Nietzsche, non ci sono fatti ma interpretazioni di fatti.
E alla base dell’arte ermeneutica c’è il dialogo. Come nei romanzi di Dostoevskij. Una prova della sua straordinaria capacità di introspezione, e del valore del dialogo come fine autonomo e non come mezzo, è nell’opera L’Idiota. Emblema di questa forza dialogica è il personaggio del principe Myskin, abilissimo nell’immedesimarsi nell’interiorità delle persone che incontra, e illuminante quando racconta cosa significa vivere con il ‘male mistico’ per eccellenza, l’epilessia. Così il Dostoevskij malato fa raccontare al principe malato una crisi:
«Un grido spaventoso, indescrivibile, che non somiglia a nessun altro, erompe dal petto: in quel grido sembra scomparire a un tratto tutto ciò che la persona ha di umano, e per l’osservatore è impossibile, o almeno difficilissimo, concepire e ammettere che sia l’epilettico stesso a mandare quel grido. Pare piuttosto che gridi qualcun altro dentro di lui.»
Partendo ancora dal testo letterario, Borgna ‘interpreta’ la natura malinconica di Antonia Pozzi, l’angoscia e la dissociazione di Silvia Plath, l’adolescenza inquieta di Rainer Maria Rilke. Per sottolineare, infine, come siano importanti in psichiatria le ‘ragioni del cuore’, l’amore e il desiderio d’amore.
E’ Leopardi, nello Zibaldone, a teorizzare che l’amore è la necessaria mediazione per conoscere l’altro-da-noi. «Si può veder nella vita, che non si prova interesse efficace e sensibile per persona alcuna, il quale risieda al tutto fuori del cuore. O gratitudine, o naturale consanguineità, o simpatia o altra cosa qualunque che produce tale interesse, il cuore v’ha sempre parte.» (cb)
da Le intermittenze del cuore, Feltrinelli, Milano 2003
Il cuore in fiamme, o il fuoco del cuore, come metafore vive; ma il cuore (anche) nelle sue proustiane intermittenze che ci fanno contemplare la nostra anima totale e che fanno rinascere d’improvviso in noi sciami inenarrabili di ricordi. La parola scintillante e rivoluzionaria di Marcel Proust che sconvolge i nostri abituali modelli di esperienza e di conoscenza: “Poiché ai turbamenti della memoria sono legate le intermittenze del cuore”. Rimarranno senza luce questi abissi del cuore, rimarrà abbandonata l’anima con le sue passioni, al margine dei sentieri della ragione? Ancora la parola inquietante e salvifica di Marcel Proust: “Perché le verità che l’intelligenza coglie direttamente, scopertamente, nel mondo della piena luce, hanno qualcosa di meno profondo, di meno necessario di quelle che la vita ci ha comunicate, nostro malgrado, in un’impressione, materiale in quanto entrata in noi attraverso i sensi, ma di cui possiamo enucleare l’intimo spirito”.