Last Updated on 28 Agosto 2018 by CB

Ho avuto la fortuna di conoscere Franco Fontana durante un workshop, l’anno scorso. Persona di grande energia e simpatia, autorevole nei consigli – sempre offerti con sorridente understament – ha saputo mettere insieme ‘lezioni di vita’ alla pratica fotografica. La sua lezione più grande, imparare a tradire se stessi, imparare a andare incontro a soggetti che mai avremmo fotografato e che magari possono rivelarci proprio la parte più ricca e fertile di un Sé inespresso.

La sua fotografià più famosa, e quella a cui è più legato è la Baia delle Zagare Dall’hotel – che si inaugurava quell’anno, nel lontano 1970 – da cui ha scattato la fotografia, ancora oggi lo invitano. E’ una foto che ha fatto il giro del mondo. Il Ministero della Cultura francese se ne servì per una campagna pubblicitaria. Quello che si vede è ciò che io avevo davanti all’obbiettivo senza alcuna modifica cromatica perché, allora, non esisteva il computer. Eppure alcuni parlano di astrazione, invece io ho solo registrato la realtà, dice in un’intervista a Artribune.
Dice anche che il colore è una sensazione fisiologica, è un’interpretazione psicologica emozionale della realtà; Paul Klee diceva che “il colore è il luogo dove l’universo e la mente s’incontrano.”
Un colore vibrante, attraversato dalla luce, sempre disegnato con grande rigore geometrico, eppure naturale. Le sue foto provocano l’emozione di certe opere di Mark Rothko. Nella prima grande retrospettiva dedicata a Franco Fontana – dopo il successo a Venezia approdata a Roma – centotrenta fotografie raccontano la sua lunghissima storia di fotografo noto nel mondo.