Il Brasile intimista di ‘Saudade Moon’ – intervista a Paolo Marchetti

Last Updated on 18 Maggio 2015 by CB

SAUDADE MOON 17-10-2014.inddIl suo  Saudade Moon (Postcart) ha vinto come opera prima il Premio Marco Bastianelli, istituito per ricordare il caporedattore di Reflex, scomparso prematuramente, che ha molto lavorato  per la diffusione della fotografia.

Intervista a Paolo Marchetti 

Com’è nato il progetto sul Brasile?

Saudade Moon si discosta nettamente dagli approfondimenti fotografici che ho prodotto negli ultimi anni, e sebbene si tratti di una ricerca documentaristica nel meraviglioso Brasile, credo che sia un progetto che abbia il merito di aver innescato altre mie vocalità fotografiche.

E’ il Brasile stesso ad avermi concesso di liberarmi dalla committenza giornalistica, dandomi così l’opportunità di sovvertire la mia andatura narrativa. Nasce per me e per accorciare le distanze con la paura di non saper più assecondare l’attitudine visionaria. Credo a questo punto di aver avuto l’esigenza di ammettere a me stesso che, nel mio percorso umanistico e professionale, la disciplina del fotogiornalismo vada ammorbidita costantemente con linguaggi alternativi e capaci di suonare anche altre corde, quelle più personali. Certamente sto parlando di una mia esigenza e ovviamente non in senso assoluto.

Avrei potuto farlo dedicandomi a tutt’altro, ma non riesco a smettere di viaggiare, geograficamente e culturalmente altrove. Di fatto ho tentato di manomettere la mia attitudine all’incanto, cercando di accorgermi di altro e quindi di premere quel tasto per altre ragioni, probabilmente più intime del solito.

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foto Paolo Marchetti

Immagino che il bianco e nero le sia sembrato più adatto alla cifra malinconica…

Presto tantissima attenzione alle ragioni per le quali scelgo un linguaggio piuttosto che un altro, e quella del bianco e nero è un’urgenza emotiva concreta piuttosto che semplicisticamente uno strumento riconducibile allo stile, parola questa, che non capisco.

Al bianco e nero vengono troppo spesso associati valori che davvero non condivido, parole come drammaticità oppure oniricità. Ecco, tento da sempre di sovvertire questo facile passaggio mentale, e laddove la sottrazione del colore aiuta moltissimo a conferire quella sospensione a mezz’aria di certe immagini, rispondo a questo con lo sforzo di “guardare e pensare in bianco e nero”, evitando così di fidarmi fin troppo del furbo tentativo di essere essenziale soltanto tramite un artificio che è fuori da me ed è meramente estetico. Riconosco frequentemente che questa scelta non conosce un pensiero che precede l’atto fotografico. Il bianco e nero è uno stato mentale forse, o un’andatura emotiva, non è (riferendomi all’era digitale) una conversione elettronica ma piuttosto sensitiva.

Se è possibile rintracciare la malinconia nel mio progetto spero che questo accada tramite il contenuto delle immagini piuttosto che nei grigi. Provo riverenza per questa scelta e non potrò mai assecondarla soltanto per soddisfare il desiderio di rintracciare in me un’oniricità e una ambiguità che cerco lì fuori, nella realtà, anche se a questa sottraggo il colore dell’ordinario.

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foto Paolo Marchetti

Ha avuto qualche modello per questo lavoro? Penso per esempio a Salgado….

Come è già noto, i linguaggi narrativi e le arti sono sempre scaturiti dal bagaglio personale ma anche dall’elaborazione istintiva e lucida di ogni opportunità che certe circostanze offrono. Intendo per circostanze certi linguaggi, come lo è appunto la fotografia.

I miei riferimenti culturali hanno smesso da tempo di nutrirsi soltanto da questa; trovo essenziale ‘inquinare’ le proprie sovrastrutture e contaminarle con l’altro, altre lingue, altri suoni. Se penso ad alcuni importanti personaggi che hanno concretamente contribuito alla mia concezione del bianco e nero, posso citare il più recente, il grande illustratore Lorenzo Mattotti con Hansel e Gretel, e anche i contrabbassisti Mingus e Ray Brow, icone del jazz; o ancora, certo cinema, Truffaut ad esempio con il suo Gli amanti del Pont-Neuf. Credo moltissimo che per incappare nel proprio sentiero sia necessario arrendersi a tutto ciò che sembra non riguardarci. Quindi, di fatto, tento di camminare scalzo come presupposto all’umiltà e tento di bere da ogni altra fonte.

WPP 2105 , Paolo Marchetti tra gli italiani premiati

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