Last Updated on 17 Agosto 2013 by CB
Istruzioni per un ‘caso letterario’. Prendete una storia a metà tra Lolita e La macchia umana, scegliete come location la provincia americana, mettete al centro del plot una amata ragazzina bionda, scomparsa. Scegliete come protagonisti due scrittori, uno giovane e l’altro maturo e affermato, il discepolo e il suo ex professore. E poi inventatevi un incastro con continui colpi di scena fino all’ultima pagina. Infine – ma vero tocco risolutore – intrecciate il tutto con una saggia meta narrazione sul tema della scrittura e lo scrivere (alias sulla vita e sul vivere), con i piccoli ma significativi consigli del professore che scandiscono ognuno dei capitoli numerati à rebours, altra finezza. Avrete ottenuto il best seller che spopola anche nel Paese dei non lettori – nonostante le quasi ottocento pagine – e tra i più commentati su siti come Amazon, nonché tradotto in venticinque Paesi e presto, naturalmente, film.
Certo, la trama ipnotizza l’attenzione e la storia si rivela un meccanismo ben strutturato per incoraggiare una lettura vorace fino alla fine. E anche l’illusione di profondità funziona, e arriva dalla mise en abyme del romanzo nel romanzo e sul romanzo – un gioco molto francese infatti apprezzato con il Grand Prix du roman de l’Académie Française 2012 e il Prix Goncourt des lycéens 2012. In tempi di narrativa anemica, spesso con poca trama e molte pretese, La verità sul caso Harry Quebert si fa rispettare, non fosse altro perché si fa leggere con divertimento. Il giovane scrittore dal viso fresco, Joël Dicker (sotto, il video di una sua intervista) ricorda, per la sua abile naïveté filosofica, un altro svizzero bestsellerista, Alain de Botton (che però nei suoi libri non scomoda la fiction).
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Intervista allo scrittore – Ansa
Se ‘La verità sul caso Harry Quebert’ è una simpatica fregatura