Last Updated on 18 Agosto 2012 by CB
Gli ‘inseparabili’ che non possono vivere lontani – proprio come una specie di pappagallini – sono i fratelli Filippo e Samuele Pontecorvo. Il romanzo racconta il loro rapporto, le loro vicende sentimentali, e quell’invisibile ‘fuoco amico’ dei ricordi che sono all’apparenza unificatori, un fuoco che dirompe nel finale. Perché – spiega Piperno – la memoria è un’arma a doppio taglio.
Il racconto delle due vite ha uno sfondo perturbante; il ricordo di una adolescenza sconvolta in modo indelebile dalle accuse rivolte al loro padre, di aver molestato la fidanzata tredicenne di Samuele. La storia sbattuta in prima pagina dai mass media infanga la rispettabilità del medico e della tranquilla famiglia borghese ebrea, portando il presunto reprobo Leo Pontecorvo a vivere i suoi ultimi mesi nascosto nel seminterrato e relegando la moglie Rachel in un silenzio tanto ostinato quanto enigmatico e pieno di conseguenze. La colpa troneggia nelle loro vite, e non solo quella presunta paterna ma anche la loro più reale, per non aver saputo chiedere la verità al loro padre, prigionieri dell’ignavia. Del resto la forza del romanzo – seconda parte di un dittico cominciato con Persecuzione – è di aver ritratto con lucidità e divertito distacco una borghesia vacua e cialtrona, inutile a se stessa e al mondo (anche se magari si milita in Medici senza Frontiere per un periodo) ma ancora capace di un qualche risveglio.
Se il primogenito Filippo diventa famoso per caso, per il successo di un film tratto da una sua graphic novel – e la cosa lo porterà al centro di un continuo assalto adulatorio dei media e delle fan, finchè le minacce di estremisti islamici ne faranno una maschera grottesca della fama ex nihilo, Samuel invece è una figura patetica, ha una parabola discendente, da operatore finanziario a New York passa al più tradizionale commercio di cotone, ma il business all’antica non lo protegge dalla rovina. Il sesso domina nella storia. Che sia quello negato dalla moglie di Filippo al compulsivo dongiovanni, o il problema di impotenza di Samuel con relativa propensione masturbatoria, o quello tabù che ci si immagina sia stato oggetto della depravazione paterna.
Piperno riesce ad avere un ‘tono’ molto preciso e riuscito, un ritmo solo in apparenza appesantito dal fraseggio elaborato. In realtà i suoi personaggi sono godibili, e per quanto piuttosto antipatici riescono a catturare il lettore. E’ un’ambivalenza originaria: Piperno costruisce le sue narrazioni attorno all’atteggiamento antagonistico dell’autore con i suoi personaggi: “Ci sono due tipi di personaggi, quelli in cui il lettore ha difficoltà a entrare in empatia, i secondi in cui si prova piacere nell’identificarsi”, dice a Rai Letteratura in Lo scrittore contro i personaggi. E lo fa con ironica disinvoltura, esibisce una ricercatezza di lessico e metafore non fine a se stessa, ma semmai continua eco di quella letteratura che lui ama – Proust – e di quel distaccato, ma intelligente, a volte feroce sguardo introspettivo mai sazio di sfumature.
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Incipit
Basta frequentare se stessi con assiduità per capire che, se gli altri ti somigliano, be’, allora degli altri non c’è da fidarsi. Da una vita Filippo Pontecorvo non faceva che ripeterselo. Per questo non era cosi sorpreso che Anna, sua moglie, da quando aveva saputo che il cartone animato del marito – prodotto con pochi spiccioli e senza grandi pretese – era stato selezionato alla Quinzaine del Réalisateurs del Festival di Cannes, per ritorsione gli avesse inflitto il più drastico sciopero sessuale che il loro strambo matrimonio avesse mai conosciuto. Peccato che tanta consapevolezza non alleviasse in lui lo sconforto: semmai lo incrementava subdolamente.
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