Last Updated on 31 Maggio 2008 by CB
C’è chi sostiene che senza la sua immaginazione non avremmo mai avuto la saga di Matrix o usato Internet in un certo modo. Negli anni ’80 William Gibson ha anticipato la realtà virtuale e Internet nei suoi avveniristici romanzi di fantascienza divenendo il leader del movimento cyberpunk. Oggi che alcune delle sue idee si sono avverate preferisce raccontare il presente, con i suoi cambiamenti tecnologici e le possibili conseguenze funeste e imprevedibili per la società. William Gibson è passato a Roma per presentare il suo nuovo romanzo, Guerreros (Mondadori, 2008).
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Gli abbiamo chiesto se è Second Life la materializzazione più evidente della sua narrativa di anticipazione.
“E’ strano per me, perché effettivamente ho immaginato, visivamente, degli ambienti che superficialmente lo ricordano. Ma Second Life è molto più sterile e squallido di quanto avrei potuto immaginare”.
Vari personaggi incrociano i loro destini con quello della giornalista ed ex rock star di culto Hollis Henry, assoldata da una nuova rivista ispirata a Wired per scrivere di artisti che fanno macabre installazioni in una quarta dimensione virtuale accessibile con un visore gps.
“I personaggi femminili sono preziosi per me perché per certi versi sono sempre in conflitto con alcuni aspetti della società”.
La giornalista incontrerà artisti, spie, governativi, esperti in tecnologie geospaziali, organizzazioni sfuggenti, siamo nel regno della cospirazione e della paranoia. Siamo nel regno di Gibson. Le tecnologie contribuiscono al contesto minaccioso anche se poi Gibson si dice “agnostico” riguardo all’usi delle nuove tecnologie.
“Non si sa mai cosa potrà fare una nuova tecnologia e come verrà usata dalla gente. Chi ideò Youtube non aveva in mente il bullismo, chi immaginò i cellulari e i cercapersone non sapeva che avrebbe aiutato il traffico di droga. L’impatto più grande di una nuova tecnologia è spesso qualcosa di non previsto in precedenza dagli inventori e dai realizzatori. Internet ne è l’esempio migliore: la gente che promosse la sua prima esistenza non aveva idea di cosa sarebbe diventato, e di come sarebbe stato usato. E oggi è così diverso che nessuno potrebbe immaginare cosa ne uscirà fuori di nuovo ogni giorno”.
Uno dei personaggi è Tito, sui venti anni e di famiglia cubana, consegna merce pericolosa nascosta dentro degli iPod, usati fuori contesto, accessori ormai quasi archeologici del passato futuro.
“L’ho davvero fatto intenzionalmente. Sapevo che sarebbe apparso un po’ anacronistico. Qualcuno, più aggiornato di me, mi aveva consigliato di far usare ai personaggi una mini chiavetta con telecamera digitale da pochi dollari. Ma non mi serviva qualcosa del genere. E nemmeno volevo cavalcare l’onda del successo dell’iPod che con una promozione miliardaria la Apple ha reso un’icona. Volevo l’iconografia dell’iPod, in modo che fosse immediatamente riconoscibile, un oggetto bianco si sarebbe mosso attraverso le scene della narrazione, per me dunque si trattava di un nodo visivo. Con un piccolo oggetto coreano non avremmo avuto quell’effetto, sarebbe stato non adeguato e più invisibile in un certo senso”.
Siamo noi a svelargli che il titolo italiano della sua nuova opera è Guerreros, e lui non la prende benissimo, dice che avrebbe potuto consigliare un titolo migliore e che Spook Country dava la possibilità di molte interpretazioni diverse.
Anche se ormai non usa più il futuro per noi fa un’eccezione:
“Quando ho iniziato a scrivere, all’inizio degli anni ’80, stavano emergendo nello stesso momento vari pezzi di tecnologia. Iniziarono in quel momento a interagire e da allora il trend è rimasto lo stesso.
Quindi non credo che i motori portanti nei prossimi vent’anni saranno specificamente le nuove tecnologie. Saranno sinergie inimmaginabili di tante cose che già abbiamo. Anche se non avessimo più novità, anche se ci fosse uno stop per i prossimi 50 anni, sarà importante l’aspetto umano: cosa farà la gente con queste tecnologie”.