Last Updated on 22 Marzo 2006 by CB
«Nessun amore è originale. Tutti gli amori felici sono uguali, ogni amore infelice è infelice a suo modo»: la chiave è questa, dichiarata alla prima pagina, un incipit, quasi un proemio. Cronache di un disamore di Ivan Cotroneo si presenta subito per quello che è, ovvero un racconto a ritroso di un amore finito male, anzi, semplicemente finito.Luca e Maurizio si conoscono, o meglio, si ‘riconoscono’, cominciano a stare insieme, si amano e poi, dopo pochi mesi, Maurizio, quello che non riesce a lasciarsi andare, quello che spesso deve ricorrere all’aggressività per sminuire il compagno più capace di dare e di darsi, va via aprendo una ferita che molti conoscono bene, purtroppo. Comincia così una vera lacerazione alla quale il lettore partecipa con il proprio background di emozioni diverse declinate nello stesso modo.
«Ogni amore infelice è infelice a suo modo»: così una storia banale diventa un percorso unico e Cotroneo racconta solo una delle storie possibili, alla quale dà voce scrivendo, però, una sceneggiatura adatta a chiunque una volta nella vita abbia visto l’amato/a girare le spalle e andare via quasi senza spiegazioni, senza un motivo valido.
Luca, come tutti coloro che restano, che vengono lasciati, non trova valide le ragioni di chi rinuncia a metà della partita, non capisce cosa possa aver portato ad una simile scelta. Nulla resta da fare, allora, se non partire dal dato oggettivo, l’assenza e ripercorrere, l’una dopo l’altra tutte le scene di un film della memoria, fino alla liberazione.
Del resto, basta riflettere sul titolo, Cronaca di un disamore; disamore, termine desueto ma ricchissimo: se la parola amore, viene da a-mors e significa mancanza di morte, vita, insomma, allora disamore significa mancanza di vita, morte. E forse non bisogna in qualche modo lasciar morire una parte di sé prima di poter rinascere a vita nuova? Non è quello che fa il seme prima di diventare pianta? Non è quello che tanto le religioni, quanto le filosofie orientali e perfino la New age indicano come percorso obbligato per superare un lutto, un dolore?
Questo è ciò che troviamo nel libro di Cotroneo, trentaduenne al suo secondo romanzo, autore teatrale e televisivo dall’aspetto quasi sbarazzino e dallo sguardo profondo e simpatico. L’io narrante è Luca, le sue giornate dopo l’abbandono trascorrono tutte uguali nel tentativo di capire le ragioni di Maurizio, di trovare senza riuscirci un po’ di conforto in lunghe chiacchierate con gli amici dopo le quali si ritrova più solo e incompreso. Luca si sottopone a incredibili torture obbligandosi a viaggi mentali nei ricordi, nel passato, vittima di un gioco al massacro dal quale, sembra, non riuscire a liberarsi.
In realtà la sua è una profonda apnea, uno scavare nella ferita fino a trovare la carne viva, un viaggio nel lutto, nella totale mancanza di sensazioni ed emozioni al presente, una totale immersione nella morte che lo porterà poi alla nuova vita. Luca cerca segnali non compresi in tempo che testimonino le intenzioni di Maurizio. Scavando fra le incomprensioni e le gelosie, ritrova, invece, i momenti di allegria e condivisione, di amore e promesse; ad essi si lega, li stringe al suo cuore come una triste eredità che amplifica la mancanza.
Luca è il regista, muove la macchina da presa alternando lunghi piani sequenza a stacchi su un particolare in un continuo valzer di cambi di scena. Sullo sfondo una città dai colori sbiaditi che appartengono a un passato ingrigito dalla sofferenza del presente. Di questo film Luca è solo un regista inconsapevole, muove la macchina da presa a seconda della sceneggiatura dei suoi ricordi e chiede al lettore di essere l’attore, il protagonista che interpreta il suo dolore.
Luca sembra quasi non avere ruolo sulla scena, pare trattenere il fiato, andare avanti col pilota automatico. Davanti a Maurizio che sembra non ricordare i momenti belli e vivi, la felicità e le promesse, fino quasi a negare, togliere dignità al loro amore con il suo continuo rimproverare e screditare, Luca difende la dignità di un vissuto in comune e la purezza del sentimento che li ha uniti lottando, da moderno Don Chisciotte, nella vana speranza di ripristinare qualcosa che ormai è passato e che difficilmente potrà tornare a splendere.
Alla fine le cose cambiano: nelle ultime pagine Luca riesce a raccontare il momento in cui Maurizio ha deciso di allontanarsi, il momento dell’addio.
È solo a questo punto che Cotroneo regala il sollievo: Luca permette a Maurizio di entrare a far parte del suo passato e con lui, smette di trattenere ricordi ed emozioni lontane, torna a vivere, e lo fa ricominciando da sé, da un gesto che faceva da bambino, nelle giornate in cui il padre lo portava a nuotare. Liberarsi di Maurizio e del dolore gli ricorda la sensazione provata quando, dopo aver tossito e sputato per cacciare l’acqua che gli era entrata nel naso e che sembrava lo facesse soffocare, tornava a respirare a pieni polmoni.
Luca si libera, rigetta tutto dopo aver rischiato di soffocare, torna a vivere dopo aver attraversato una morte apparente, da questo momento «l’acqua in cui si tufferà sarà ogni giorno un po’ diversa, fino a quando sarà un’acqua del tutto nuova, in cui nuoterà leggero e brillante come un pesce, lasciando una scia argentata dietro di sé».
(Domenico Di Cesare)