Last Updated on 19 Agosto 2004 by CB
Ecco un esempio di ‘buon tocco’ in un giovane esordiente che non scrive ex nihilo ma s’inventa dei pezzi di vita di personaggi più o meno famosi, intrecciandoli con la loro vita (e arte) vera. Ne esce una stramba raccolta di ritratti-frammenti che raccontano, sceneggiandola, la vulnerabilità di Pollock, dell’ombroso pianista Glenn Gould, di Giovanna d’Arco, dell’attrice suicida Capucine, dell’Orson Wells del Terzo uomo, dell’Anthony Perkins di Psycho.La tecnica ‘pittorica’ del giovane Haskell (poco più che trentenne, in primavera esce il suo nuovo romanzo American Purgatorio) si scopre fin dal primo tranche de vie, che ha per protagonista un Pollock inevitabilmente ciclotimico, tra la moglie e un’altra donna, tra il depresso e l’incazzato. Ambivalente. «Due erano gli impulsi fondamentali che dominavano la sua vita: il desiderio di protendersi verso il mondo e toccare qualcosa, eil desiderio di mantenere quella stessa cosa distante».
In queste storie c’è l’angoscia di un ‘dentro’ emotivo che fatica a trovare un’espressione. Che ne sappiamo dei sentimenti di un’elefante? Leggendole tocchiamo quasi la tristezza dell’elefantessa Topsy, accantonata per la sua età dall’unico ‘amore’ della sua vita, il suo ammaestratore personale; e la patetica rassegnazione della cagnolina Laika, lanciata nello spazio e verso al fine dei suoi giorni.
Haskell non punta al centro dei suoi protagonisti, ma ci arriva comunque raccontandone un dettaglio. Come dice un suo personaggio, «quando osservi una cosa direttamente, per esempio una stella, non la vedi, ma se solo distogli leggermente lo sguardo allora sì… »
Allora la mitica solitudine di Glenn Gould diventa ancora più espressiva se ne cogli il momento in cui gli si avvicina una donna, e gli sfiora le sue intoccabili mani, «e lui per la prima, intensissima volta nella sua vita avverte una disposizione a protendersi oltre la pelle del suo mondo e a stabilire un contatto, e sarebbe anche sul punto di agire secondo questa disposizione d’animo, non fosse che questa disposizione d’animo rischierebbe di strapparlo al suo mondo, lasciandolo, in ultima istanza, privo di un mondo. E così non agisce. Chiude invece gli occhi e comincia a suonare, non per lei ma tra sé e sé. Comincia a suonare la musica che sente nella testa».
(Cristina Bolzani)