La Melanie Klein di Julia Kristeva

Last Updated on 19 Settembre 2006 by CB

Julia Kristeva ha inaugurato le cinque giornate mantovane del Festivaletteratura parlando della ‘geniale’ psicoanalista Melanie Klein.Semiologa, psicoanalista, esponente importante della corrente strutturalista francese, la Kristeva ha spiegato le ragioni della sua trilogia sul genio femminile – dedicata a Colette, Hanna Arendt e Melanie Klein – dicendo che siccome «il femminile resta enigmatico», ha deciso di prendere la parola su tre donne ‘singolari’, con un approccio in qualche modo opposto a quello ‘generalizzante’ del movimento femminista. L’elemento unificante è che «per queste tre donne il tempo è sempre un tempo di inizio o di ricominciamento della vita».

Melanie Klein in particolare è una rivoluzionaria del pensiero freudiano. Mette al centro dell’evoluzione del bambino il suo rapporto con la madre, e del neonato sottolinea non tanto il narcisismo quanto la sua relazione con l’altro (seppure con tendenze sadiche e schizo-paranoidi): «L’altro è sempre già presente – scrive nel suo saggio – e i drammi del legame precoce che si instaura tra l’oggetto da un lato e un Io con il suo Super-io altrettanto precoci dall’altro – i drammi di un Edipo precocissimo – si dispiegano con l’orrore e la sublimità di un Jerome Bosch».

Per la Klein (che fu moglie e madre depressa e infelice) l’aggressività non deriva tanto da una frustrazione, ma è insita nella persona, è una pulsione connaturata e si rivolge in primis contro la madre. La nostra capacità dei pensiero di persone adulte scaturisce dalla capacità di provare, insieme all’ invidia (per la potenza illimitata dell’oggetto-seno materno) e gratitudine (nel bambino c’è anche la tendenza innata a amore e gratitudine), anche la capacità di commettere il ‘matricidio’. «E’ a partire dalla perdita della madre – che equivale per l’immaginario a una morte della madre – che si organizza la capacità simbolica del soggetto».

Mentre Freud disegna un inconscio basato su desiderio e rimozione, la Klein sottolinea il dolore del neonato, la sua scissione e la sua precoce capacità di sublimazione. In particolare, centrale nella sua teoria è che gli oggetti sono scissi sempre in ‘buoni’ e ‘cattivi’, a partire dal seno materno. Questa dialettica deriva dalla dualità della pulsione di vita e di morte, che è presente sin dal neonato.

Una teoria originale la sua, che pone le basi alla clinica infantile della psicosi e dell’autismo, anche attraverso lo studio del mondo fantasmatico del bambino (la Klein arriva alla pratica psicoanalistica all’età di quarant’anni dopo un percorso da autodidatta basato sull’analisi dei suoi tre figli). Anche se molti detrattori la rimproverano di guardare solo al ‘mondo interiore’, e la accusano di aver reso secondaria la figura del padre, trasformando la triade bambino-genitori nella diade madre-figlio (ma la coppia è ancora presente nella forma di ‘oggetto combinato’ materno e paterno). (cb)

Biografia
Nata nel 1941 in Bulgaria, Julia Kristeva insegna Linguistica e Semiologia all’Università di Parigi. Esponente di spicco della corrente strutturalista francese, ha poi rivolto i suoi interessi alla psicoanalisi. Tra le sue opere tradotte in italiano ricordiamo: In principio era l’amore. Psicoanalisi e fede (Bologna 1987). Dopo Colette (2004) e Hannah Arendt (2005), il volume su Melanie Klein conclude la trilogia dedicata al «genio femminile», per la cui pubblicazione la casa editrice Donzelli ha ricevuto il Premio Amelia Rosselli.

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