Last Updated on 25 Settembre 2011 by CB
Aspettiamo l’atteso ed è l’ospite che arriva. Questa frase di Wittgenstein ascoltata per caso , e che l’ha “colpita come una freccia”, suscita in Ginevra Bompiani un profondo interesse per l’esperienza dell’attesa, per ciò che si crea tra quello che si aspetta e quello che accade, tra immaginario/linguaggio e realtà.
“Perché l’attesa, come il desiderio, è uno dei luoghi in cui il pensiero batte più accanitamente contro i muri del linguaggio” (p. 47).
Nello scarto tra rappresentazione dell’oggetto atteso e realtà , la prima ha un ruolo fondamentale. Non solo perché, “la rappresentazione è forse la sola libertà dell’attesa”, ma, anche, perché la fa durare. “Finché c’è rappresentazione, l’uomo non può smettere di aspettare, né andare incontro all’evento; nessun evento potrà interromperla, perché nessun evento sarà riconosciuto come l’ospite” (p. 69).
E dunque l’attesa, “stato così penoso e così ricercato” che “ci mette fuori del tempo e dello spazio, sospesi al di sopra dell’esperienza, immersi nell’ansia” (p. 75), in ostaggio di una rappresentazione troppo libera di fantasticare. “Per felice che sia la rappresentazione che mi faccio dell’evento, la mia attesa presagisce lo smacco, avverte il peso, il volume del forestiero che prenderà il posto dell’atteso (p. 74).
Il vero oggetto dell’attesa è la felicità (che è quindi destinata a essere differita rispetto al presente). L’attesa è anche attitudine psicologica verso e nel tempo, un modo che lo struttura nel senso di una ‘apertura’ sempre possibile (l’opposto della depressione, nella sua disperanza e percezione di un Altro che resta ‘irraggiungibile’).
L’attesa è anche quella “senza direzione, senza forma” della noia; o attesa del miracolo, o della morte, o del miracolo per allontanare indefinitamente la morte (quell’attesa che è “lo specchio rovesciato della morte, il suo vis-à-vis spirituale”); o attesa di nulla, in cui “colui che arriva sostituisce l’atteso.” (p. 31)
“E lui, ‘l’altro’, in quale limbo può aspettare di essere chiamato e accolto?” – scrive nell’ultimo capitolo, Il riconoscimento. – “A questa domanda non c’è altra risposta che questa: che non abbiamo altra scelta. Ogni estraneo è un’attesa tradita. Ogni ospite sorprende la nostra impreparazione, e misura la nostra umanità sul tempo che intercorre fra la rinuncia alle rappresentazioni che l’hanno preceduto e il benvenuto sulla porta”. (p.98)
Nel breve saggio l’autrice inanella filosofia e letteratura sul filo della propria fascinazione; Wittgenstein, Benjamin, Breton, Maeterlinck, Valéry, Leopardi, Novalis, Kafka, Henry James, Blanchot (autore di L’Attente, l’oubli, Gallimard 1962) , Kierkegaard, Heidegger, Borges, Stevenson, Cecov, Calvino.
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Ginevra Bompiani, studiosa e traduttrice di letteratura e filosofia, è autrice di romanzi e di saggi, tra i quali Lo spazio narrante. Jane Austen, Emily Brontë, Sylvia Plath (La Tartaruga 1978, di prossima pubblicazione presso et al./EDIZIONI). Nel 2002 ha fondato con Roberta Einaudi la casa editrice nottetempo.