Last Updated on 22 Giugno 2010 by CB
‘La legge di Dora’, così era definita da due amici del pittore l’osmosi creativa di Picasso tra la vita artistica e sentimentale.
Raccontata, in questo libro di Paula Izquierdo, passando in rassegna tredici ritratti di donne che ne condivisero l’esistenza (non necessariamente il letto, come nel caso di Gertrude Stein); donne che lo incontrarono, o si scontrarono con lui – la madre, doña María, Fernande Olivier, Gertrude Stein, Eva Gouel, Gaby Depeyre, Irène Lagut, Olga Koklova, Marie Thérèse Walter, Dora Maar, Nusch Eluard, Françoise Gilot (fu l’unica che lo lasciò), Geneviève Laporte e Jacqueline Roque – ; lui che era ‘fagocitante’ nel saperne cogliere il meglio, e che era il loro insaziabile padre-padrone.
“La sagace e intelligente Dora Maar – scrivono Richardson e Douglas Cooper – amante di Picasso prima di Françoise, era diventata nostra amica e vicina, e nelle nostre conversazioni sulla vita dell’artista ci rivelò la sua teoria secondo la quale quando Picasso cambiava donna cambiava tutto il resto: lo stile che caratterizzava la nuova compagna, la casa o l’appartamento che condividevano, il poeta che gli serviva da musa complementare, la compagnia che gli dava appoggio e comprensione […], persino il cane che a malapena si allontanava dal suo fianco”.
Il primo caso di questo parallelismo, con la giovane Fernande Olivier. “Oltre a separarsi da Fernande, abbandonò il cubismo analitico, incarnato dal suo primo amore, e inaugurò la tappa del cubismo sintetico, rappresentato da Eva (Gouel, ndr). Il cubismo sintetico impediva al pittore di ritrarre la sua amata, motivo per il quale esistono pochi ritratti di Eva. Disegnò, invece, iscrizioni dirette a lei in molti dei suoi quadri cubisti”. Un legame ‘calligrafico’ che si sviluppa anche con Gaby Depeyre, alla quale sono destinati messaggi amorosi scritti a margine delle sue opere.
Con Olga Koklova il pittore entra nella fase artistica del classicismo. Fino all’incontro con Dora Maar, ex amante di Bataille, fotografa e poi pittrice, convinta da Picasso (molto fotografato dalla Maar soprattutto durante la creazione di Guernica) a lasciare la fotografia – in cui lei era un talento riconosciuto – per la pittura. Insomma una che era in qualche misura alla sua altezza, fa notare la Stein: “Eccettuata Dora Maar, non scelse mai una compagna che si trovasse anche solo in prossimità del suo livello mentale”. Dora Maar dirà “Io non sono stata l’amante di Picasso. Lui era soltanto il mio padrone”. Dopo sette anni di relazione con Picasso avrà un crollo nervoso, arriveranno depressione e elettrochoc. Finirà paziente di Lacan. Lei disse la famosa frase. “Dopo Picasso, solo Dio”.
L’incontro tra i due ha già in sé l’epilogo tragica di Dora. S’incontrano al caffè Les Deux Magots, lui la vede e ne resta affascinato. “Dora si divertiva, col suo portamento da sfinge e i suoi occhi persi in un altro mondo, a conficcare un coltello sul tavolo tra le proprie dita. A volte, quando sbagliava, le usciva un po’ di sangue”. Dora Maar fu ispiratrice della donna che piange in Guernica, comunque sofferente agli occhi di Picasso, che di lei disse: “Dora, per me, è sempre stata una donna che piange. Sempre (…). E’ importante, perché le donne sono macchine per soffrire”. Basterebbe l’ultima frase per capire molto della relazione che si stabiliva tra Picasso e le sue vittime volontarie.
Un pregio di questo documentatissimo libro è quello di dare dettagli e riordinare in un’unica narrazione la vita sentimentale del pittore. Pur essendo l’autrice una psicologa, l’interpretazione dei fatti è molto discreta. In fondo il genio è l’eccezione che conferma le ‘regole’ della psicologia. Geneviève Laporte si chiede se Picasso non avesse per caso paura di essere felice. “Paura di soccombere a un’emozione troppo intensa per poterla affrontare”. “La risposta è evidente – scrive la Izquierdo -, come dimostrò nel corso della sua lunga vita: aveva paura di coinvolgersi troppo in una relazione, paura di perdere la propria individualità, di dipendere emozionalmente da qualcuno che non fosse se stesso. Proprio perché dipendeva dallo sguardo dell’altro per esistere”.
Salvo poi capire, a fine lettura, che le sue vicende amorose sono inscindibili dal suo percorso creativo, ne sono la materia più preziosa e cangiante ma proprio per questo restano opache di fronte a uno sguardo che voglia riconoscerne dei contorni netti e un filo coerente. Altrove è da ricercarsi l’eloquenza dell’artista. E’ lo stesso Picasso a dire: – citazione che l’autrice sceglie a introduzione del saggio – “Dipingo come gli altri scrivono la propria biografia. I miei quadri finiti sono le pagine del mio diario”. (Cristina Bolzani)