Last Updated on 12 Dicembre 2006 by CB
Un libro da regalare. Le lezioni tenute dal poeta (e critico letterario) Wystan Hugh Auden tra l’ottobre 1946 e il maggio 1947 alla New School for Social Research di New York, davanti a un pubblico vario e vivace di anche cinquecento persone, con uno stile critico di conversazione improvvisata, divertente, spregiudicata. Lezioni scaturite da una prospettiva da outsider – fa notare nell’introduzione Arthur Kirsch, che le ha potute ricostruire attraverso gli appunti di alcuni studenti, in particolare di Alan Ansen, in seguito segretario e amico di Auden – ma anche frutto della sua competenza da insider, in qualità di poeta e autore di testi teatrali e libretti. Lezioni che sono uno spunto per ritrovare l’inesauribile mondo shakesperiano.L’approccio originale di Auden si nota per esempio quando parla, o meglio quando tace, delle Allegre comari di Windsor, opera che durante la lezione fu liquidata in quanto «una commedia francamente noiosa. Dobbiamo essere grati a Shakespeare per averla scritta, poiché ha fornito lo spunto per il Falstaff di Verdi, un eccelso capolavoro operistico. (…) Non avendo nulla da dire su quest’opera shakespeariana, propongo di ascoltare Verdi». E la lezione continua con l’ascolto dell’opera.
Un libro che ha il duplice pregio di introdurci alle sfumature e a riferimenti culturali del pensiero di Auden e e nello stesso tempo ci dà un commento significativo dell’opera di Shakespeare. Nelle sue Lezioni Auden cita soprattutto Kierkegaard, ma anche vari altri autori, da Omero a Eliot, attraversando cinema e fumetti. Gli autori più citati, Dante, Pascal, Mozart, Ibsen. Per parlare per esempio del personaggio di Iago nell’Otello Auden cita Agostino. «Iago è una personificazione dell’acte gratuit, un concetto estraneo al pensiero greco. Emerge per la prima volta nelle Confessioni di sant’Agostino, nell’episodio del pero»: un perseguimento del male fine a se stesso, tanto per.
Auden ha un atteggiamento scettico per l’amore romantico e per le sue manifestazioni letterarie. «Trovo imbarazzanti le liriche d’amore personale di Dante, Shakespeare, Donne. Il vocabolario romantico mi sembra tollerabile solo nelle poesie allegoriche, dove la ‘dama’ non è un essere umano in carne e ossa». Questa sua ‘lente’ critica gli permette di cogliere aspetti normalmente trascurati dell’opera, di valorizzare lo scetticismo di alcuni personaggi comici, di simpatizzare per l’amore adulto rappresentato in Antonio e Cleopatra. Tra i personaggi, la sua simpatia incondizionata va a Falstaff. E poi, proprio perché ama l’opera lirica, valorizza molto gli effetti musicali creati di Shakespeare. Così conclude il poeta il suo ciclo di lezioni. «Io trovo Shakespeare particolarmente affascinante in questo distacco verso la sua opera. C’è qualcosa d’irritante nella determinazione di artisti veramente eccelsi come Dante, Joyce, Milton, intenti a creare capolavori e convinti di essere importanti. Saper dedicare la propria vita all’arte senza dimenticare che l’arte è frivola è una formidabile conquista del carattere. Shakespeare non si prende mai troppo sul serio». Nemmeno Auden. (cb)
Su Internet
W. H. Auden – Wikipedia
Interviste a W. H. Auden – Bbc
Nota biografica – minimum fax
Adelphi