Last Updated on 28 Agosto 2018 by CB
L’espressione più recente della loro scuola è nelle gelide vedute di interni in grande formato di architetture monumentali – biblioteche, cattedrali – dell’allieva Candida Höfer, che ci hanno abituato a un’estetica ‘oggettiva’ dello spazio. Ma in generale la visione di Bernd e Hilla Becher è stata molto influente, come racconta la mostra Düsseldorf Photography alla Ben Brown Fine Arts. E’ freddo e imparziale anche il loro catalogo di oggetti di archeologia industriale tra Europa e Stati Uniti, costruito a cominciare dal 1959. Le loro foto, tutte in bianco e nero e scattate da un’angolatura frontale e meno soggettiva possibile, ricordano per l’intento tassonomico il lavoro di August Sander sulle tipologie di tedeschi. La loro ossessività formale ha imposto uno stile che ha finito per dominare la fotografia e l’arte contemporanea.
Eppure l’intenzione originaria era diversa. In una recente intervista, Hilla ha confessato che la forza trainante del loro progetto non era documentaria, ma anzi romantica. «Con quelle immagini Bernd voleva ritornare alla sua infanzia e preservarla».

I due si incontrarono in un’agenzia pubblicitaria a Düsseldorf nel 1957. A parte i comuni studi di pittura, li univa la fascinazione per l’architettura industriale della regione della Ruhr, con le sue forme monolitiche e gigantesche incombenti sul paesaggio. Cominciò così la collaborazione durata mezzo secolo, e la scuola più influente della fotografia post-bellica.

L’estetica imposta dalla cultura visiva della Scuola di Düsseldorf – il modo di rendere monumentale il funzionale, la sfida alla pittura nelle dimensioni e nel punto di vista – ha avuto un’influenza pervasiva (se pure spesso non riconosciuta), dalla pubblicità al cinema. E da quella scuola curiosamente poco nota sono nate le carriere di grandi nomi della fotografia contemporanea: oltre a Candida Höfer anche Andreas Gurksy, Thomas Struth e Axel Hütte.