Last Updated on 28 Agosto 2018 by CB

Mario Dondero è uno così; puoi anche averlo perso di vista da un secolo, ma se ti arriva una qualsiasi notizia che lo riguarda, subito ti si accende la nostalgia e il desiderio di rivederlo. Di fronte alla scrivania del mio studio ho collocato una specie di mobile totem, un vecchio, bellissimo ingranditore di legno di marca Imperator, che non ho mai usato ma al quale tengo moltissimo. Tanti che vengono a trovarmi, specialmente i fotografi, lo ammirano e mi offrono l’occasione di raccontarne ancora una volta la storia.
Per un certo numero di anni ho vissuto, come Dondero, a Parigi e di tanto in tanto ci vedevamo. Una sera, a cena a casa sua, ho visto questo oggetto bello e desueto, che per giunta, assicurava Mario, funzionava benissimo. Manifestai la mia ammirazione. Passò qualche mese Una sera suonarono alla porta e aprendo, stupito, trovai Mario Dondero abbracciato al voluminoso Imperator. Ti piaceva tanto, mi disse con il suo meraviglioso, timido sorriso. Anche questo è Mario. Ma ecco che mi accorgo di contribuire anch’io all’infinita aneddotica su Dondero. Un’aneddotica che a poco a poco ha costruito intorno a lui una leggenda che si è trasformata in favola letteraria e umana non sempre verificata sui fatti e che mi domando, ci domandiamo in tanti, se non abbia finito per occultare il fotografo. Ora, finalmente, il suo incomparabile dono umano per la grazia e l’amicizia viene riconosciuto con ammirazione anche dalle sue fotografie.
(da Ferdinando Scianna, Visti&Scritti, Contrasto, pag. 414)