Last Updated on 28 Agosto 2018 by CB
La foto che preferisco di me stessa è quella dove sono appoggiata ad un albero, avevo 5 o 6 anni. Sono una bambina seria. Una bambina seria che sogna.
Non so di che cosa devo scusarmi. Non posso scusarmi, per esempio, per aver girato ‘Trionfo della volontà’, che ha vinto i premi maggiori. Tutti i miei film hanno vinto i premi maggiori.
Rimpiango di non aver lasciato la Germania per gli Stati Uniti, come fece l’attrice Marlene Dietrich. Ma soprattutto rimpiango di aver fatto la conoscenza di Hitler, è stata la più grande catastrofe della mia vita.
(Leni Riefenstahl)


Marlene Dietrich e Leni Riefenstahl sono state due icone del cinema del loro tempo, dalla Germania di Weimar all’America di Hollywood. Interpretando a modo loro “la donna nuova” hanno incarnato due differenti tipi di erotismo e di seduzione, mettendoli in scena sullo schermo – come attrice e cantante Marlene, come regista Leni.
I loro destini speculari, incrociati e opposti attraversano un periodo cruciale della storia e della società occidentale negli anni Venti e Trenta – ma ancora oltre.
Marlene, dopo il successo de L’angelo azzurro, assurto nel frattempo a uno dei simboli della “cultura di Weimar”, si trasferisce presto in America diventando una diva internazionale. Leni invece in Germania mette la sua straordinaria creatività registica al servizio del nazionalsocialismo (Il trionfo della volontà, Olympia) e alla seduzione di massa esercitata dal suo Führer. È il momento di maggiore divaricazione tra le due artiste. Con lo scoppio della guerra la Dietrich, antinazista dichiarata, usa la sua arte a favore della truppa combattente, ritornando nella sua Berlino in divisa americana. La Riefenstahl, invece, in nome della “apoliticità” dell’arte continua a inseguire i suoi modelli di estetica cinematografica, ancora molti anni dopo la catastrofe tedesca. Ricostruirne, come fa Rusconi in questo libro, i percorsi biografici consente di scoprire le molte espressioni del loro erotismo. Ironico e tenero ma anche sfacciato quello di Marlene, che come attrice e cantante padroneggia tutti i tasti espressivi; distaccato, estetizzante, opportunistico quello di Leni, che come regista non perde mai di vista la sua performance professionale. Il saggio così getta luce sull’altra faccia, apparentemente “minore”, della cultura del Novecento tedesco, e non solo.
«Ma l’antisemitismo non era un argomento per lei. Continuò a frequentare degli ebrei ben oltre il 1935, quando erano state promulgate le leggi di Norimberga. Consultò il suo medico ebreo fino alla vigilia della guerra. Fece togliere per un periodo l’Arbeitsverbot (la proibizione di lavorare) a Künneke, un compositore di operette ebreo, intervenendo presso Goebbels. E, in piena guerra, si assicurò che Heinz von Jarowsky […] conservasse il suo lavoro di pilota nella Wehrmacht.
Nello stesso tempo, la sua ambizione l’ha spinta a creare dei legami d’amicizia con criminali come Julius Streicher, il più antisemita di tutti gli antisemiti del partito nazista. Spesso prendeva il tè con lui, a Berlino o a Norimberga. È del resto a lui, di cui ha conservato, nel suo film Il trionfo della volontà, un brevissimo estratto di discorso (certamente il momento meno virulento), che deve l’unico passaggio chiaramente antisemita del suo cinema: “Un popolo che non protegge la purezza della sua razza alla fine la perderà!”. Un’unica frase. Tuttavia c’è.» (da Lilian Auzas, Riefestahl, Elliot)
