Mauvaises pensées

Last Updated on 30 Aprile 2006 by CB

«Ricordati che ogni mente è plasmata dalle esperienze più banali. Dire che un fatto è banale significa dire che è fra quelli che più hanno contribuito alla formazione delle tue idee essenziali. Nella composizione della tua sostanza mentale più del 99% è costituito da immagini e impressioni senza valore. Aggiungi poi che le concezioni inusuali, i pensieri nuovi e singolari traggono tutto il loro valore da questo fondo volgare che li fa risaltare».Già in questo primo aforisma c’è quell’opposizione tra due idee che caratterizza tutta la raccolta; e la volontà di infrangere il déjà vu del pensiero con una gesto filosofico provocatorio e preciso come una folgorante stilettata, per nulla demolitore in senso nichilistico, ma anzi capace di farci intravvedere, in un processo di confutazione continua, i dubbi che scardinano la nostra conoscenza stereotipata, di noi stessi come della vita, della storia, dell’eros, della morte.

Nello stesso Valéry, nato a Sète nel 1871 da madre italiana e padre corso, si ritrova una duplicità irrisolvibile: da una parte la sua natura meditativa lo porterà a scrivere poesie apprezzate da Mallarmé e Gide; dall’altra, dopo una violenta crisi sentimentale che gli fa abbandonare la vaghezza poetica, la rigorosa lucidità del suo pensiero lo indurrà a opere analitiche in senso fenomenologico e scientifico. Due voci, quella poetica e saggistica, destinate a alternarsi per tutta la sua carriera letteraria.

La raccolta dei Cattivi pensieri(1941), che contiene molte meditazioni già presenti in una prima versione nei suoi Cahiers(1963), somiglia – afferma nella sua postfazione Felice Ciro Papparo – «a una cassetta degli attrezzi che la mente adopera per svolgere in maniera ‘intelligente’ questo compito: C’è una cosa soltanto da fare: rifarsi. Non è semplice».

Pensieri ‘cattivi’ dunque in quanto espressione di uno sguardo disincantato, di una ‘mala educazione’, di un ‘pensare altrimenti’ che del resto lo stesso Valéry rivendica con tracotanza in un frase da lui usata per presentarsi al lettore in un libro che lo riguarda: «Pensate forse che mi sia dato la pena di alzarmi tutti i giorni della mia vita alle quattro del mattino per pensare come tutti gli altri?». (cb)

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