Last Updated on 11 Dicembre 2013 by CB

«Il postmoderno ha il culto del corpo, neoclassicamente magnifico e mitico e insieme modernamente prestante ed efficiente, una perfetta macchina felice e libera, convinta del proprio stato, senza limiti né inibizioni , che non ammette né sensi di colpa e nostalgie né divieti o giudizi morali, retaggio di un pensiero poggiante su altri presupposti. E’ il corpo consegnatoci da Robert Mapplethorpe o Bruce Weber o Herb Ritts, che esibisce la propria completezza e autosufficienza – versione e critica postmoderna dell’autoreferenzialità formalista». (Elio Grazioli)

Sul tetto del suo studio Herb Ritts aveva allestito un set fotografico. Era lì, giocando con la luce naturale, che spesso scattava e metteva al mondo le sue immagini. E’ quest’intimità con il sole, il cuore di In piena luce, la retrospettiva all’Auditorium Parco della Musica, a Roma. Il percorso espositivo, oltre ai ritratti – in formati diversi, fino alle gigantografie – di Richard Gere, Michael Jackson, Madonna, Sean Penn, Liz Taylor, include anche una biografia per immagini di Ritts, una serie di provini – alcuni mai stampati -, gli scatti in cui immortalò l’Africa e i suoi protagonisti – tra questi una foto di Mandela (sotto)- , un video in cui sono raccolti frammenti di video girati dal fotografo.
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A volte lei si concentra sul corpo, a volte sul viso. Dove si nasconde la personalità?
«Non c’è una regola. Dipende dalla persona che hai davanti».
Ma in generale cos’è una seduta di ritratto: una lotta o un duetto d’amore?
«Quello che conta è creare un’atmosfera rilassata. Se c’è conflitto non otterrai mai lo scatto che cerchi».
Negli anni Trenta il fotografo tedesco August Sander volle tramandare con migliaia di ritratti il «volto del tempo». Fra settant’anni saranno i suoi ritratti a restituire il volto del nostro?
«Posso solo sperare che anche fra molto tempo chi guarda le mie immagini riesca a emozionarsi. In fondo, che tu fotografi persone famose o no, stai sempre cercando l’anima dell’uomo. Sì, sarebbe bello che le mie foto evocassero un giorno le stesse emozioni che quelle di Sander evocano in me».
dall’intervista a Herb Ritts di Michele Smargiassi
