Proust di Debenedetti

Last Updated on 6 Novembre 2021 by CB

Ricordiamo un prezioso libro di Bollati Boringhieri che raccoglie gli scritti a lui dedicati da Giacomo Debenedetti. Un lungo amore, quello di Debenedetti, un incantamento cominciato dalla lettura, ventitreenne, del primo pannello della Recherche, e rinnovato negli anni con suggestioni diverse; negli ultimi scritti accosta ‘la poetica delle epifanie’ di Proust a quella di James Joyce, o anche il senso del tempo nello scrittore francese e in Italo Svevo.Quello tra il critico e lo scrittore fu un incontro ‘fatale’. Anche perché il giovane Debenedetti è a sua volta romanziere, e allora incontrare un’opera così irraggiungibile deve averlo fatto sentire, come nota Mario Lavagetto nel bel saggio introduttivo, simile a quel protagonista del Soccombente di Thomas Bernhardt, al giovane pianista di talento che dopo aver sentito il compagno di corso Glenn Gould eseguire le Variazioni Goldberg si rende conto dei suoi limiti invalicabili e rinuncia. E non è un caso che il personaggio prediletto dal critico sia lo snob, l’ebreo, il dilettante Swann, a suo modo un ‘soccombente’, comunque «un uomo continuamente in fuga», «un freddoloso morale, oltre che fisico».

Al centro dell’interpretazione di Debenedetti ci sono in un primo periodo ‘le intermittenze del cuore’ (ovvero quelle «soste di compenso» nelle quale l’autore interroga le cose fino a trovare, dietro le apparenze, una «permanenza, quasi l’idea platonica, proprio come rivincita, come risarcimento dell’io, tradito dal fuggire del tempo»); al punto da definire la Recherche come «una intermittenza delle intermittenze del cuore». Poi la sua chiave critica diventa la gelosia, ma il tema delle intermittenze resta importante per il critico, una sorta di motore del romanzo: «la Recherche, messa in moto dalle ‘intermittenze’, è per questo un immenso interrogatorio della gelosia».

Di tutti i saggi raccolti nel libro è particolarmente illuminate quello dedicato al rapporto tra Proust e la musica. Dalla nota biografica che lo scrittore fu un frequentatore di sale da concerto – dunque legato alle mode in auge nei salotti e ai vezzi degli esecutori – alla presenza ricorrente, nel suo romanzo, di una certa petite phrase della Sonata di Vinteuil (ispirata a Saint-Saens, Franck, Schumann e Fauré), che è un tutt’uno con i turbamenti appassionati di Swann che s’innamora della cocotte Odette mentre il violino risuona nel salotto Verdurin. Empatiche le pagine dedicate all’amore di Swann – «prima prova, sintetica e per così dire in vitro, di una certa fenomenologia dell’amore che Proust ha identificata e esplorata» -, impasto inestricabile di abitudini, ‘destino’, opportunità sociale. E gelosia.

Proust ha «trovato nella musica l’oggettività, la necessaria garanzia di comunicabilità delle sue emozioni più disperatamente individuali». Ma è ‘musicale’ il modo in cui l’opera è scritta, l’incedere ‘sinfonico’ di certi personaggi, che come temi minori all’inizio si insinuano appena e poi tornano sviluppandosi in una parte dominante della partitura. «Proust ammette di essere quintessenziato in una certa musica continua, in un riconoscibile tono, nel quale tutto il suo romanzo è sommerso. Un vero ‘tono Proust’».

Quanto al ‘tono Debenedetti’, è scintillante, per la forza puntigliosa delle intuizioni e delle interpretazioni. La sua passione investigativa per il testo proustiano è contagiosa. Le sue metafore – ricorda Lavagetto – hanno spesso una tonalità aggressiva; per Debenedetti la critica vera non poteva essere ancella o complice dello scrittore, ma doveva essere «antagonista», e il saggio un «dialogo drammatico», un corpo a corpo con il testo per estrarne le verità.

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