Last Updated on 6 Novembre 2021 by CB
Ecco un libro che lui non avrebbe certo permesso, visto che nel suo saggio (incompiuto) Contre Saint-Beuve teorizza come la vita e l’opera di uno scrittore siano l’emanazione di due ‘io’, quello mondano e quello artistico, assolutamente distinti, e che quindi non sia possibile capire l’opera attraverso la vita.
Eppure. William C. Carter (professore di Letteratura francese all’University of Alabama di Birmingham e autore di Marcel Proust: A Life, The Proustian Quest, coproduttore del film-documentario Marcel Proust: A Writer’s Life) si cimenta in un lavoro che non solo si legge piacevolmente come un romanzo ed è documentatissimo, ma ha il pregio di raccontare, in un unico filo, la vita privata e mondana di Proust, laddove in genere i biografi tendono a spezzare questo aspetto tra tanti altri, senza farne risaltare, come invece in questo resoconto ‘psicologico’, come l’infelice e inquieto Marcel vive gli amori. Che è inevitabilmente simile, a come coltiva amicizie e relazioni in genere. L’imprimatur della sua identità di piccolo nevrotico risiede nel rito del materno ‘bacio della buonanotte’, aspettato con ansia e talvolta angoscia, poi raccontato nel romanzo. Allo stesso modo, da adulto, cadrà nella disperazione se un amico manca a un appuntamento o, secondo lui, lo trascura.
Così è Proust; un uomo il cui tratto principale del carattere, per sua stessa ammissione, è “il bisogno di essere amato e, più precisamente, il bisogno di essere vezzeggiato e viziato ben più che di essere ammirato”. La sua vita amorosa è intessuta da gelosie posssessive e ossessive (che non gli impediscono di essere a volte il primo a tradire) e da continue, irragionevoli, richieste di attenzioni. Cosa di cui si accorgono già i suoi compagni del Liceo Condorcet, a cominciare da quel Jacques Bizet (figlio di George, compositore della Carmen) per il quale avrà una cotta; poi il suo grande amore Reynaldo Hahn, che dovrà subire la sua gelosia, appunto, salvo poi essere da lui tradito con l’efebico Lucien Daudet.
Proust è infelice e frustrato. Il Narratore della Recherche sostiene di essere afflitto da “un’impotenza alla felicità”. Del libro di Carter è interessante il continuo passare dai personaggi reali a quelli del romanzo, entrando e uscendo dalla creazione in un gioco di specchi; assolutamente deformanti e tendenti all’androgino, ossia a raccontare la parte femminile degli uomini e maschile delle donne, per cui le famose ‘fanciulle in fiore’ tanto amate dal Narratore, insieme alla giovinezza che rappresentano, sarebbero più presumibilmentedel ‘fanciulli’ in fiore. E nell’amata e inseguita Albertine si sono condensate le immagini di due amori non corrisposti; quello per l’autista Alfred Agostinelli (pilota spericolato di aerei, che perirà cadendo in mare), e quello per il bellissimo e irraggiungibile Bertrand de Fénelon. Un interrogativo aleggia qua e là. Proust gay tout court o anche occasionale amante del gentil sesso? Le infatuazioni non sembrano mancare; ma le prove che siano seguite anche avventure erotiche sono molto incerte.
La sua vita appare a uno sguardo esterno intricata e con molti livelli. Convivevano l’idealismo degli amori irraggiungibili, la propensione al vizio e a perversioni estreme, la generosità al limite del fallimento finanziario verso chi amava, l’enorme frustrazione sessuale mista al timore di essere messo socialmente vilipeso per il suo essere “invertito”.
“In tutta la sua vita amorosa Proust non ebbe mai una relazione sessualmente appagante con un compagno che amasse veramente”, scrive Carter con una certa sicurezza. Nessun giudizio però è altrettanto tranchant di quello dell’adorata governante che visse tanto tempo con lui. Céleste Albaret nelle sue memorie (Monsieur Proust, SE, 2004) si dice convinta che Proust non si sia mai innamorato davvero. Forsa ha amato veramente solo due sole persone: la madre, e lei.