Last Updated on 28 Agosto 2018 by CB
Ho ammirato il suo lavoro The Enclave alla Biennale di Venezia due anni fa. ne riparlo perché Richard Mosse è appena entrato nella prestigiosa Magnum (con Lorenzo Meloni, Carolyn Drake, Matt Black, Max Pinckers e Newsha Tavalokian).
La sua installazione di film su schermo multiplo è coinvolgente e sconcertante. Mette in primo piano una tragedia umanitaria di cui non parla più nessuno – i conflitti nella Repubblica Democratica del Congo – e la rende visibile utilizzando una tecnica da ricognizione militare che registra uno spettro di luce infrarossa.
Un espediente che drammatizza – e estetizza, suscitando per questo delle domande – una violenza altrimenti invisibile, a tratti peraltro contraddetta da immagini della bellezza nel paesaggio. Lo spettatore resta ipnotizzato da questa specie di incubo virato al rosa, tanto più impressionante perché l’audio di Ben Frost è fatto da registrazioni sul campo congolese, e intreccia una canzone dolce ma di denuncia, i suoni dei soldati in allenamento, scoppi di proiettili e bombe. In tutto questo la morte si risolve in una panoramica su corpi attorcigliati sulla strada, già depredati.
È’ un approccio originale al lavoro di reportage, che va aldilà della testimonianza, ed è soggettivo e immaginativo, e comunque lo si possa criticare ha un potenziale non irrilevante per imporsi nell’attuale indifferenza mediatica e bulimia di immagini.
In questo video Mosse spiega il suo lavoro