Ritratto di Frida Kahlo (bambina)

Last Updated on 28 Agosto 2018 by CB

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Molto prima del burrascoso matrimonio con Diego Rivera, e della mortificazione del suo corpo nello spaventoso incidente, e prima della  rivisitazione kitsch della sua iconica figura – come il biopic con Salma Hayek – Frida Kahlo aveva le sembianze di questa bambina, cherubino dallo sguardo già vivace e dardeggiante. Questa – e altre foto – sono opera del padre, Guillermo, per vent’anni. Quella ragazza era destinata a cambiare molto presto la sua visione del mondo. «Perché studi così tanto? Quale segreto vai cercando? La vita te lo rivelerà presto. Io so già tutto, senza leggere o scrivere. Poco tempo fa, forse solo qualche giorno fa, ero una ragazza che camminava in un mondo di colori, di forme chiare e tangibili. Tutto era misterioso e qualcosa si nascondeva, immaginare la sua natura era per me un gioco.

Se tu sapessi com’è terribile raggiungere tutta la conoscenza all’improvviso – come se un lampo illuminasse la terra! Ora vivo in un pianeta di dolore, trasparente come il ghiaccio. E’ come se avessi imparato tutto in una volta, in pochi secondi. Le mie amiche, le mie compagne si sono fatte donne lentamente. Io sono diventata vecchia in pochi istanti e ora tutto è insipido e piatto. So che dietro non c’è niente; se ci fosse qualcosa lo vedrei…»

Quando scrive questa lettera all’amico Alejandro Gomez Arias, nel settembre 1926, la diciottenne Frida Kahlo si sta riprendendo dall’incidente nel quale è rimasta trafitta da un’asta metallica. Da allora, operazioni e malattie fino alla fine; le sue ultime parole, attendo con gioia la mia dipartita… e spero di non tornare mai più… Frida.

Il dolore nella sua forma più intollerabile le è destinato, a scandire il suo tempo. Ma anche le passioni. Per Diego Rivera, artista già famoso che lei vede quindicenne per la prima volta restandone folgorata per sempre. Per il partito comunista. Per gli autoritratti, con quel suo stile, realista e al tempo stesso visionario, naif e simbolico, così ossessivamente insistente sul corpo/icona della sofferenza (ma anche, in qualche modo, del riscatto, tale è la forza del suo lavoro). Le sue “lettere appassionate” ne ritraggono il mobile paesaggio interiore; pendolo, così estremo in lei, tra gioia di vivere e male di vivere.
“La sua arte è un nastro attorno a una bomba”, scrisse di lei André Breton.

«Premetto che dipingerò il ritratto di Diego con colori che non conosco: le parole, e sarà dunque ben povera cosa; inoltre, amo Diego così profondamente da non poter essere una semplice ‘spettatrice’ della sua vita, della quale sono parte, per cui esagererò forse gli aspetti positivi della sua personalità unica cercando di eliminare cose che potrebbero ferirlo, sia pur da lontano. (…) Non parlerò di Diego come di ‘mio marito’, perché sarebbe ridicolo; Diego non è mai stato, né sarà mai il ‘marito’ di nessuno». (Lettere appassionate, p.149).

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