Last Updated on 7 Giugno 2004 by CB
«Ho preso l’abitudine di riordinare i ricordi della mia vita facendo il conto dei fidanzati e dei libri». Dei fidanzati non sappiamo, ma dei libri, della letteratura, della scrittura Rosa Montero ha idee precise, oltre che esserne attratta con evidente trasporto. «Perché la passione amorosa e il mestiere letterario hanno molti punti in comune».Il più importante è che sono entrambi modi di diventare eterni. «Si scrive sempre contro la morte».
Più che un saggio sul mestiere dello scrittore, è un viaggio autobiografico nel suo mondo interiore, nelle fobie e negli amori, letterari e non, nel quale regnano la ‘pazza di casa’- cioè la fantasia, secondo la definizione di santa Teresa d’Avila-, ma anche la memoria, non meno fantasiosa nelle sue ricostruzioni. Come ricorda Mario Vargas Llosa nella postfazione, questo libro, così giocato sulla con-fusione di vita e letteratura, dimostra che, come diceva Flaubert, scrivere è un modo di vivere, grazie al potere della fantasia di «disordinare la vita degli esseri umani, rendendola più ricca più intensa e soprattutto più tollerabile».
Tra gli amori non letterari, spicca il suo folle innamoramento – con descrizione del relativo, gustoso disincanto, anni dopo – per un misterioso attore europeo M. Divertente anche il capitolo nel quale parla della (maschilista) categoria della moglie dello scrittore, «un’annosa categoria letteraria per fortuna in via d’estinzione».
E condivisibile, quasi entusiasmante per il suo tono tranchant, la parte dedicata al «noioso tema delle donne». Alla domanda ossessiva se esista una letteratura femminile, la Montero risponde che ovviamente no, e che non le interessa proprio scrivere di donne ma del genere umano, e che il sesso non è che una delle tante componenti dell’identità dello scrittore, e che detesta il romanzo femminista o con qualunque ista, perché scrivere è ricerca di senso e non veicolare un messaggio. (cb)