Scrivere pericolosamente

Last Updated on 7 Giugno 2011 by CB

Dallo scrittore famoso proprio per la complessità della scrittura – basti pensare a quel monstrum linguistico (da cui il ‘wakese’) e letterario che è il suo ultimo testo, Finnegans Wake – ci aspetteremmo riflessioni ardite e magari anche di ardua comprensione. Invece questa spigolatura di testi sull’arte di scrivere – tratti da saggi lettere e opere di narrativa – scorre con una fluidità inaspettata e a tratti con sortite piuttosto prevedibili. Soprattutto nella prima parte, Che cos’è l’arte, che raccoglie delle definzioni sul rapporto tra arte e vita-verità.

Con il secondo capitolo, Estetica ed epifania, ci si addentra nella costellazione caratteristica della poetica joyciana (epifania, “improvvisa manifestazione spirituale”, epifanie “i momenti più delicati ed evanescenti” che lo scrittore dele registrare “con estrema cura”; i racconti di Dubliners ne racchiudono i migliori esempi), approfondita ancora nei frammenti di Processo di scrittura.

Qui ci s’imbatte in un altro concetto tipico, il Work in Progress: “Più ci atteniamo ai fatti e cerchiamo di fornire un’impressione corretta, più ci allontaniamo da ciò che è significativo. Nella scrittura occorre creare una superficie continuamente cangiante dettata dall’umore e dall’impulso del momento, diversamente da ciò che accade nell’umore statico dello stile classico. Ecco cosa si intende per Work in Progress (titolo originale di Finnegans Wake, n.d.t.). La cosa importante non è ciò che scriviamo ma come scriviamo e, a mio avviso, lo scrittore moderno deve essere prima di tutto un avventuriero disposto a correre qualsiasi rischio e preparato, se necessario, a fallire nel suo sforzo. In altre parole dobbiamo scrivere pericolosamente: oggigiorno tutto tende al flusso e al mutamento e la letteratura moderna, per essere valida, deve esprimere quel flusso”.

In chiusura una serie di giudizi di Joyce critico, tra i quali spicca una stroncatura della Recherche di Proust che suona così inverosimile da sembrare una parodia. Dopo aver scritto che Proust è “il miglior scrittore francese di oggi”, Joyce sentenzia: “Io stesso penso, comunque, che (Proust, n.d.r.) avrebbe fatto meglio a continuare a scrivere nel suo primo stile, perché ricordo di aver letto una volta certi primi bozzetti in un suo libro intitolato Les Plaisirs et les jours, studi della società parigina degli anni Novanta (…). Se avesse continuato in quel primo stile, a mio avviso, avrebbe scritto i migliori romanzi della nostra generazione. Ma invece si è lanciato nella Ricerca del tempo perduto, un libro che risente di un eccesso di elaborazione”. (Cristina Bolzani)

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