Last Updated on 26 Novembre 2006 by CB
Nella Napoli degli Quaranta un bambino fa il suo ingresso nel mondo della lingua. Questo bambino, sorprendentemente inedito, è il famoso linguista, il professor Tullio De Mauro. Nel suo libro, Parole di giorni lontani De Mauro rivela l’apprendistato alfabetico di un bambino come tanti altri che scopre il significato delle parole nel mezzo di una terribile guerra, lasciando presagire alcuni temi portanti del linguista adulto: la centralità della scuola, l’eguaglianza culturale, il rapporto tra condizione economica, istruzione e cultura linguistica. Intervista realizzata in occasione del Premio Napoli 2006.
L’intervista di Luigia Sorrentino
Nel suo libro lei parla delle difficoltà incontrate a Napoli, dove ha vissuto nella sua primissima infanzia, quando cercava di capire, o di cominciare a capire, il significato delle parole…
Si. Questo è un libro che parla, più che altro, delle difficoltà, o degli scacchi, incontrati qui a Napoli da bambino nel sentire e cominciare a cercare di capire ‘parole’. Qualcosa di simile ad un’autobiografia linguistica, come ne ha scritte Luigi Meneghello, di straordinarie, ma che anche altri hanno scritto, come Jean Paul Sartre. Nel mio libro mi sono fermato, in particolare, sugli ‘incidenti di percorso’, cercando di ricordare l’ambiente in cui questi avvenivano.
Nel libro ci sono riferimenti specifici alla sua iniziazione linguistica. I primi significati, le prime parole, apprese soprattutto in famiglia, a Napoli prima, e poi a Roma, mentre intorno si combatteva la Seconda Guerra Mondiale.
La mia famiglia era piccolo-borghese, atipica nella media statistica in quegli anni: mio padre era laureato, mia madre era semi-laureata. Provenivano da regioni diverse, ed erano venuti a Napoli prima di trasferirsi a Roma. Quindi, avevano quelle caratteristiche, eccezionali fino a tutti gli anni Cinquanta, di chi voleva cercare di parlare italiano, perché l’Italiano è stata fino ai Cinquanta una lingua di minoranza. La stragrande maggioranza della popolazione parlava il proprio dialetto, napoletano, veneziano, torinese, milanese… Vi era però un piccolo strato di borghesia più istruita, e specialmente la borghesia migrante, che si fece portatrice della voglia e della capacità di parlare italiano, come facevano i miei genitori in presenza dei figli. Ma tra loro, parlavano in dialetto.
Lei nel libro fa riferimento ad alcune espressioni ricorrenti, tipicamente napoletane, con cui suo padre amava commentare i fatti del giorno. La più frequente era: ‘E va bene, disse Donna Lena…’ Chi era questa Donna Lena?
Ecco io mi fermavo qui da bambino, perché evidentemente i miei genitori ‘tabuavano’ il seguito e io sono rimasto per tanto tempo con la curiosità di sapere perché Donna Lena diceva: ‘Va bene’… Donna Lena è una tipica donna del Sud capace di affrontare ogni sorta di problema, compreso quello della figlia ‘prena’, della figlia che aspetta un figlio. In certe versioni ho trovato che quando Donna Lena trova la figlia ‘prena’, quindi incinta, molto spesso la figlia è anche zitella.
Quindi vi era la necessità, nell’espressione che usava suo padre, di insegnarle a superare qualunque difficoltà, anche quella della figlia ‘zitella’ e incinta… Questo, secondo lei, è nello spirito del popolo napoletano?
Questo è nello spirito del popolo napoletano e meridionale in generale. Io ho conosciuto una bravissima donna che governava, a quasi 100 anni, in tutte le famiglie, di tutti i figli e nipoti, che ripeteva spesso una bella frase: ‘Di più patirono i Santi Martiri’, espressione che la donna usava per consolarsi dai guai che le capitavano. Questo atteggiamento non è sempre buono. La rassegnazione ci aiuta, però, a volte, ci aiuta troppo.
A proposito di ‘donne e madri’… uno dei ricordi che ricorrono nel suo libro che mi ha particolarmente colpito è quello di quando lei racconta di sua madre che le preparava il ‘cozzetto’… Forse non tutti sanno cos’è il cozzetto…
Il cozzetto, (o il cozzo), è la parte terminale del filone di pane, della pagnotta oblunga. Veniva tagliato, scavato all’interno della sua mollica. L’interno veniva cosparso con un po’ di sale e un filo d’olio e poi veniva ‘ritappato’ con la mollica: era una splendida merenda che si offriva ai bambini più agiati, perché la fame era grande. L’olio era merce preziosa… ma, diciamo, che noi in famiglia potevamo avere questo lusso del ‘cozzetto’…
Durante la guerra, per lei, improvvisamente, cambiò il significato della parola ‘scheggia’. La scheggia divenne, addirittura, un oggetto da collezione…
Beh, la guerra cambia tante cose e anche il senso di tante parole. Anche quello della parola scheggia. Fino a quel momento per me ‘la scheggia’ era la scheggia di legno, quella ‘fastidiosa’ scheggia… Il legno, allora, era presente in tutte le case, bisogna capire… e quindi, per i bambini, in particolare, era una lotta continua quella contro le schegge che si infilavano sotto le unghie… una cosa orribile… Con la guerra, invece, la ‘scheggia’ diventa una parola tipica per indicare le schegge dei proiettili e della bombe che ricadevano a terra e che noi bambini andavamo a recuperare subito dopo i bombardamenti. E’ così che poi cominciò la collezione delle ‘schegge’.
Secondo lei, c’è un confine tra le guerre che si combatterono allora e le guerre di oggi? Penso alla guerra in Afganistan, in Iraq, e poi, alla guerra in Libano. Quando il confine è stato superato?
Il confine è stato varcato durante la Seconda Guerra Mondiale, quando gli strateghi politici e militari hanno ritenuto che colpire la popolazione civile (quella che nella Prima Guerra Mondiale, ancora più ‘bonacciona’ si chiamava il fronte interno) fosse la via più breve per piegare un Paese. Quindi, i grandi bombardamenti avviati dai tedeschi a Londra, i grandi bombardamenti di Dresda. E poi i grandi bombardamenti delle città italiane, dei quartieri popolari italiani, episodi anche dimenticati nel gran polverone, delle grandi tragedie a ridosso dell’8 settembre del 1944, ad armistizio ormai firmato. Ricordo un bombardamento selvaggio a Frascati, un paesino vicino Roma, così… ‘gratis’, per dire: ‘State attenti. Guardate che cosa vi può succedere’. Dunque, a parte i campi di concentramento, i gulag e Guantanamo, devo pensare che il confine sia già stato varcato.
De Mauro, quand’è che ha scoperto che ‘il silenzio è d‘argento, e la parola è d’oro’?
Ma, io non sono sicuro di averlo mai scoperto davvero..
Ma lei non crede che qualunque parola, smozzicata, dialettale, abbacinata, ci aiuti di più del silenzio?
Certo, nella comunicazione la parola ci aiuta e in questo senso la parola è d’oro. A volte, però, stare zitti è ancora più importante. Non parlo, ovviamente, del silenzio mafioso, ma del silenzio degli intellettuali. Ogni tanto stare zitti sarebbe meglio.
Parliamo ora di Istruzione e di Condizione Economica. Secondo lei, un buon reddito, oggi, favorisce una buona istruzione?
Non più. Così è stato, per molti decenni, dopo l’unificazione politica. Ma dagli anni Sessanta abbiamo visto nascere uno scollamento, se posso chiamarlo così, tra indicatori di reddito, di benessere economico e indicatori di buon andamento scolastico delle ragazze e dei ragazzi. Questo fenomeno si è sempre più accentuato e la correlazione oggi non è più tanto col reddito, quanto con la qualità culturale dell’ambiente familiare. Una correlazione, purtroppo, drammaticamente forte nel nostro Paese. I figli e le figlie di famiglie in cui entrano giornali e libri (e questo avviene indipendentemente dal reddito) vanno bene a scuola. Quelli che, invece, appartengono a quei due terzi di popolazione che ha difficoltà di rapporto (per essere gentili) con la lingua scritta, con la forma scritta della lingua, questi ragazzi a scuola (quale che sia il reddito che hanno alle spalle, e spesso sono redditi molto alti) vanno male a scuola, abbandonano, non proseguono negli studi, hanno grandi difficoltà in corso di studi.
Quindi lei ritiene ancora attuale la legge Berlinguer sulla educazione permanente degli adulti?
Purtroppo l’intera legge è stata abrogata da ministro Letizia Moratti appena insediatosi e quindi con la legge è stato abrogato anche l’articolo che prevedeva una regolazione e un avvio di un ‘Sistema nazionale di educazione agli adulti’. Restano delle strutture affidate soprattutto a Comuni, a Province e a Regioni, là dove queste hanno la buona volontà, la percezione dell’utilità di muoversi, il che non succede dappertutto. Quindi è un cammino che andrebbe ripreso come succede in tutti gli altri Paesi europei: dalla Svezia alla Gran Bretagna, dalla Germania alla Francia.
In Italia possiamo però vantare alcune esperienze significative di attività di educazione permanente degli adulti…
Certo. Nella Milano tra fine Ottocento e i primi del Novecento c’è stata un’attività di educazione degli adulti. Un altro periodo positivo è stato lo slancio immediatamente successivo all’ ‘Istituzione delle 150 ore’, una dicitura forse oggi sconosciuta. Si trattava di corsi per adulti che volevano conseguire la licenza media. Questo è avvenuto nella metà degli anni Settanta, dopodiché non c’è stato più nulla di così incisivo e soprattutto, non c’è stato più in Italia, un ‘Sistema nazionale di educazione degli adulti’.
Lei è stato ministro della Pubblica Istruzione nel primo Governo Prodi. Ora che la sinistra è tornata a guidare il Paese in che direzione si dovrebbe andare per effettuare un’adeguata riforma della scuola?
Credo che ci sia un fatto culturale all’origine che dobbiamo cercare di ottenere. Il fatto culturale riguarda i gruppi dirigenti: è necessario che capiscano, come capiscono in altri Paesi europei, come capiscono negli Stati Uniti, che destinare dei fondi all’istruzione elementare, media, media-superiore, universitaria, non è, in termini da ministro delle Finanze, una ‘spesa’, ma un ‘investimento’. E’ come destinare fondi alle fognature, alle strade, alle ferrovie. Sono spese necessarie e andrebbero rubricate come ‘spese necessarie’, anche dal punto di vista della finanza locale, della finanza dei comuni. Invece vengono ritenute ‘spese che costano’, e quindi, si parla di ‘costi dell’istruzione’.
Secondo lei è possibile che ogni volta che il governo cambia si va a rimettere in discussione la precedente riforma della scuola?
Non è possibile. E infatti, mi sembra che l’attuale ministro Fioroni si stia muovendo con cautela e saggezza intervenendo con singoli provvedimenti per correggere le cose che non vanno – e lo sappiamo che non vanno… dagli insegnanti e dalle famiglie -, senza pretendere di buttare tutto per aria e ricominciare da zero. Credo che questa sia una via buona. Ma perché questa via sia veramente buona è necessario creare un sistema di educazione degli adulti che colmi quelle distanze tra chi viene da famiglie più attente e capaci di leggere e scrivere e chi viene da famiglie in cui questo non c’è. Perché l’educazione degli adulti serve agli adulti, ma serve soprattutto ai giovani.
Tullio De Mauro
Nato a Torre Annunziata nel 1932, Tullio De Mauro è uno dei più grandi linguisti italiani. Docente di Filosofia del Linguaggio presso l’Università di Roma, ha contribuito alla diffusione e all’affermazione in Italia delle teorie strutturaliste, curando, nel 1967, la traduzione e il commento del Corso di linguistica generale di Ferdinand de Saussure. Gran parte delle sue opere sono dedicate allo studio della lingua italiana dagli anni dell’unificazione ai giorni nostri (Storia linguistica dell’Italia unita, 1963), da cui convenzionalmente prende avvio la sociolinguistica italiana. Ha diretto e curato importanti opere lessicografiche tra cui il Grande Dizionario Italiano dell’Uso (GRADIT), pubblicato nel 1999. Nel 2000 è stato nominato ministro della Pubblica Istruzione nel governo Amato. Nel 2003 ha pubblicato con il fisico Carlo Bernardini Contare e raccontare. Dialogo sulle due culture.
Bibliografia sintetica
Storia linguistica dell’Italia unita, Laterza, 1963
Introduzione alla semantica, Laterza, 65
Il linguaggio della critica d’arte, Vallecchi, 1965
Pedagogia della creatività linguistica, Guida, 1971
Senso e significato: studi di semantica teorica e storica, Adriatica, 1971
Le parole e i fatti: cronache linguistiche degli anni Settanta, Editori Riuniti, 1977
Scuola e linguaggio: questioni di educazione linguistica, Editori Riuniti, 1977
Linguaggio e società nell’Italia d’oggi, ERI, 1978
Linguaggio, scuola e società, con S. Moravia e A. Santoni Rugiu, Guaraldi, 1978
L’Italia delle italie: l’Italia le regioni, le culture locali ecc. , Nuova Guaraldi, 1979
Lingua e dialetti, Editori Riuniti, 1979
Guida all’uso delle parole, Editori Riuniti, 1980
Idee e ricerche linguistiche nella cultura italiana, Il mulino, 1980
Minisemantica dei linguaggi non verbali e delle lingue, Laterza, 82
Sette lezioni sul linguaggio e altri interventi per l’educazione linguistica, F.Angeli, 1983
Ai margini del linguaggio, Editori Riuniti, 1984
L’Italia delle Italie, Editori Riuniti, 1987
Guida alla scelta della facoltà universitaria, a cura di, Il mulino, 1988
Capire le parole, Laterza, 94
Le lauree brevi, curato con F. De Renzo, Il mulino, 1994
Idee per il governo: la scuola, discusse con A. Augenti, Laterza, 1995
DIB: dizionario di base della lingua italiana, Paravia, 1996
Guida alla scelta della scuola superiore, con F. De Renzo, disegni di G.Peg, Laterza, 1996
I giovani e la letteratura contemporanea: i risultati di una ricerca su come scrivono e come leggono gli studenti italiani delle scuole medie superiori, con F. De Renzo, Presidenza Consiglio Ministri – Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria, 1996
Dizionario visuale, con A. Cattaneo, Paravia, 1997
DAIC: Dizionario avanzato dell’italiano corrente, Paravia, 1997
Linguistica elementare, Laterza, 1998
Il nuovo esame di Stato: guida alla prova scritta di italiano, con S. Gensini e la collaborazione di G. Gini e M.L. Vecchi, Le Monnier, 1999
La scelta della facoltà universitaria, Il mulino, 1999
De Mauro: il dizionario della lingua italiana, Paravia, 2000
Minima scholaria, Laterza, 2001
Parole straniere nella lingua italiana, con M. Mancini, Garzanti, 2001
Orientarsi nella nuova università, con F. De Renzo, Il mulino, 2001
De Mauro: il dizionario dei sinonimi e contrari: con sinonimie ragionate e tavole nomenclatorie, Paravia, 2002
Prima lezione sul linguaggio, Laterza, 2002
Capire le parole, Laterza, 2002
Parlare e scrivere semplice e preciso per capire e farsi capire, Editori Riuniti, 2003
Orientarsi nell’università, Il Mulino, 2004
La cultura degli italiani, Laterza, 2004
La fabbrica delle parole, UTET Libreria, 2005