Last Updated on 25 Agosto 2021 by CB
In questa pagina Remo Ceserani racconta un aspetto del profondo rapporto che Marguerite Yourcenar aveva con la fotografia. Si intrecciano la ricerca storica, l’invenzione letteraria attorno a personaggi del suo passato evocati dall’immagine, e la nostalgia per un mondo le cui molte sfumature appartengono in qualche modo al suo passato. «Il tenero e convinto attaccamento della Yourcenar alla figura del padre (al quale rinvieranno parecchie fotografie anche nel terzo volume di memorie Quoi? L’éternité) dà lo spunto alla pagina che dà il giudizio più apertamente positivo della testimonianza fotografica, che viene valutata come più veritiera di molti luoghi comuni della nostra memoria storiografica. Un mondo letterario nel quale il lutto genera una fantasia riparatrice, come accade in Proust, citato peraltro nel brano di Archives du Nord:
Posseggo soltanto due [fotografie] di quegli anni [gli anni degli amori giovanili del padre con Berthe e Gabrielle]. Esse servono da antidoto a quel tanto di piccante e di grossolano che hanno le eleganze della Belle Époque e che traspare fastidiosamente nelle donne dei primi romanzi di Colette e nelle fanciulle artificiose di Proust, nel romanticismo studiato della principessa di Guermantes e nella freddezza beffarda di sua cugina Oriane. Quell’uomo e quelle due donne così lanciati in una società frivola si si lasciarono certo investire dall’aria dell’epoca, ma le fotografie non ne conservano traccia. Non ho il ritratto di Gabrielle: il suo fascino e la sua allegria si sono dispersi. Ho invece l’immagine di Berthe verso i trent’anni: nell’abito accollato che aderisce al corpo come una scorza levigata, questa donna slanciata e diritta come un fuso ricorda più le regine dei portali di chiesa che le maliarde del 1890; la bella mano ferma è la stessa che tiene così bene le redini; i capelli increspati secondo la moda del tempo incorniciano un volto i cui occhi scuri guardano dritto davanti a sé, o forse non guardano ma sognano; la bocca morbida come una rosa non accenna a sorridere. Un’altra fotografia ci sorprende, quella che porta sul retro la scritta Michel a trentasette anni. Quel personaggio molto giovane d’aspetto non dà l’impressione di vigore e di vivacità che daranno i suoi ritratti di uomo maturo; è ancora allo stadio della debolezza, quella stessa che in tanti esseri giovani precede e prepara incomprensibilmente la forza. Non è neppure il ritratto del gaudente assiduo nei luoghi di moda. Gli occhi sono sognanti; la mano dalle lunghe dita ornate da un anello con stemma lascia pendere una sigaretta e pare anch’essa sognare. Una malinconia, un’insicurezza inspiegabili emanano da quel viso e da quel corpo. E’ il ritratto di un Saint-Loup nell’epoca in cui è ancora preso da Rachel, o di Monsieur d’Amercoeur.» (da R. Ceserani, L’occhio della Medusa. Fotografia e letteratura, Bollati Boringhieri).